L’immobile acquistato a titolo di permuta perde le agevolazioni fiscali cosiddette “prima casa” quando la residenza nel Comune dove esso è ubicato non viene trasferita entro il termine di diciotto mesi dalla stipula dell'atto.
La decorrenza del termine in questione prescinde dalla durata dei lavori di costruzione e, quindi, non è eventualmente posticipabile al momento in cui permutanti entrino effettivamente nella disponibilità del bene, per effetto della sua ultimazione.
È quanto emerge dalla lettura dell’
ordinanza n. 17867/2022 della Corte di Cassazione (Sez. VI civ.), che respinge il ricorso dei contribuenti.
Il caso - La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ha, in accoglimento dell'appello dell'Agenzia delle Entrate, confermato l'avviso di accertamento con il quale era stata revocata l'agevolazione "prima casa" IVA (fruita al 4%) in relazione all'acquisto di
un alloggio in corso di costruzione, avendo l’Ufficio rilevato il mancato trasferimento da parte dei contribuenti della residenza nel Comune ove lo stesso alloggio era situato, entro il termine di diciotto mesi dalla data di stipula dell'atto ai sensi dell'art. 1, Nota II-bis, della Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986.
Ebbene, nel successivo giudizio intrapreso davanti alla Suprema Corte i contribuenti in questione hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 1472 c.c., in combinato disposto con l'art. 1, Nota II-bis della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, per avere la C.T.R. ritenuto legittima la maggiore pretesa fiscale, senza considerare che, nella specie,
si trattava di atto di permuta avente a oggetto il trasferimento di un bene attuale (terreno)
contro un bene futuro (unità immobiliare), la cui disponibilità sarebbe avvenuta in capo ai permutanti ad ultimazione dei lavori e consegna dei beni futuri, per cui, ad avviso dei ricorrenti,
solo da quel momento sarebbe potuto decorrere il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza.
Gli Ermellini sono giunti a una diversa conclusione.
Principi di diritto - Nel respingere il ricorso, i Massimi giudici hanno affermato che la residenza dell'acquirente nel Comune in cui si trova l'immobile è un elemento costitutivo del beneficio "prima casa", che viene provvisoriamente accordato anche quando l'acquirente risieda altrove ma, nell'atto di acquisto, dichiari di voler trasferire in quel comune sua residenza.
In quest'ultimo caso, l'acquirente assume nei confronti del fisco l'obbligo di provvedere ad effettuale tale trasferimento nel termine di diciotto mesi, determinandosi, in caso di inadempimento, la decadenza dal beneficio (v. da ultimo Cass., Sez. 6-5, n. 28860/2017; Cass., Sez. 6-5, n. 2527/2014).
Proprio perché il menzionato trasferimento costituisce un obbligo del contribuente, assumono rilievo gli eventuali ostacoli nell'adempimento che non siano a esso imputabili (v. Cass., Sez. 5, n. 14399/2013).
La decadenza può, dunque, essere esclusa se il mancato trasferimento della residenza nel termine indicato sia dovuto a causa di forza maggiore, da intendersi come evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente (così Cass. Sez. 6-5, n. 28838/2019; Cass., Sez. 6-5, n. 26328/2018; Cass. Sez. 6-5, n. 1588/2018; v. anche Cass., Sez. 6-5, n. 17225/2017).
La forza maggiore, dunque, è caratterizzata dalla non imputabilità al contribuente e dall'inevitabilità e imprevedibilità dell'evento, e la sua ricorrenza, in particolare, è stata esclusa in caso di mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, atteso che, in assenza di specifiche disposizioni, non vi è ragione di differenziare il regime fiscale di un siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato (Cass. n. 9433/2018; Cass. n. 7067/2014, 13148/2016, 20066/2015, 2527/2014, n. 9776/2009, Sez. un. n. 1196/2000).
Nel caso di specie, la decisione impugnata è risultata
conforme a tali principi, avendo – si riporta testualmente -
«la CTR ritenuto la legittimità dell'avviso di revoca dell'agevolazione prima casa essendo i contribuenti decaduti da quest'ultima per non avere trasferito la propria residenza nel comune di ubicazione dell'immobile nel termine di diciotto mesi dalla stipula dell'atto di permuta senza che la mancata ultimazione dei lavori dell'alloggio rilevasse ai fini della decorrenza del detto termine, atteso che - come precisato dal giudice di appello - elemento costitutivo della fattispecie è il trasferimento della residenza non nella prima casa ma nel comune in cui essa si trova».
Al rigetto del ricorso - in virtù di quanto si è appena detto - è seguita la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.