Palla alle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte. Con ordinanza n. 7633/2023, la Terza Sezione Penale ha rimesso alle stesse la seguente questione: “
se, in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossamento del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale operi o meno quale causa ostativa alla operatività del sequestro ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, secondo il quale confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato”.
L’ordinanza di rimessione in commento ha ad oggetto la disciplina ex art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000 ossia la confisca.
Testualmente, esso al primo comma dispone che “
Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.
La genesi processuale è da rinvenirsi in un’istanza di dissequestro, rigettata dai giudici di merito, avanzata dalla Curatela di una s.n.c. La vicenda sottesa è quella relativa al rapporto tra il sequestro preventivo in tema di delitti tributari ed il fallimento dell’impresa coinvolta.
La domanda da porsi, cioè, era la possibile operatività della clausola “della disponibilità del bene”, attesa l’intervenuta dichiarazione di fallimento e, conseguentemente, l’illegittimità del sequestro.
Il Tribunale di Pescara ha sostenuto che “
il sequestro preventivo prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsivoglia procedura concorsuale attesa l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, per cui il rapporto tra il vincolo imposto dall’apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto in favore della seconda misura”.
Il Curatore, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione eccependo la violazione di legge, in relazione agli artt. 321 c.p.p., 42 l.fall. e 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000.
La
quaestio preliminare trattata dagli Ermellini attiene alla legittimazione attiva del Curatore Fallimentare.
Con pronuncia n. 27262/2019, la Seconda Sezione Penale ne ha escluso la legittimità poiché “
non essendo questi titolare di alcun diritto sui beni del fallito, né in proprio, né quale rappresentante dei creditori del fallito i quali, prima della conclusione della procedura concorsuale non hanno alcun diritto restitutorio sui beni, lo stesso non è portatore di alcuna posizione soggettiva tutelabile né in relazione al sequestro conservativo né, a maggior ragione, in ordine alla successiva confisca”.
Le Sezioni Unite, hanno smontato tale orientamento con pronuncia n. 45936/2019, convergendo verso il riconoscimento della legittimazione ad agire del Curatore.
By-passando, dunque, tale step preliminare, la Terza Sezione Penale si è soffermata sull’assoggettabilità o meno, dei beni costituenti la massa fallimentare, al sequestro e alla confisca.
Ebbene, sul punto i giudici nomofilattici, evidenziando come il tema è oggetto di contrasto giurisprudenziale, hanno ricordato due importanti sentenze:
- n. 28077/17 secondo la quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente prevale sui diritti di credito. La ratio di tale preminenza è da rinvenirsi nell’interesse statale rispetto a quello dei creditori privati;
- n. 19682/22, che ha sancito come “il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000 non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento”.
E così, proseguono i Massimi Giudici, conformi al primo punto si sono susseguite, a titolo esemplificativo, le pronunce nn. 15779/2020 e 15576/2020.
Essendo, dunque, così contrastante o disorganico l’orientamento in materia, la Terza Sezione Penale ha rimesso alle Sezioni Unite Penali, unitamente al processo, la seguente questione:
“
se, in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossamento del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale operi o meno quale causa ostativa alla operatività del sequestro ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, secondo il quale confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato”.
Osservazioni - La pronuncia in commento, secondo chi scrive, è destinata a risolvere un conflitto giurisprudenziale permanente sul tema.
Tuttavia, si spera venga tutelato l’interesse dei creditori ed arginato il privilegio del Fisco. D’altro canto, nel momento in cui subentra il Curatore, la persona fisica o giuridica è spossessata del bene attratto dalla massa fallimentare e, pertanto, non ne ha disponibilità.
Si attende il deposito della sentenza delle Sezioni Unite Penali!