Il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, del quale l'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima dell’emissione dell'avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell'impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso e ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate “a tavolino”, ossia presso gli uffici dell'ente impositore.
Ad affermare questo principio di diritto è l’
ordinanza n. 17818/2022 della Sottosezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Il caso - Nel caso di specie l'Agenzia delle Entrate ha disconosciuto la non imponibilità ai fini IVA di vendite di calzature effettuate dal contribuente, che ne ha affermato la natura di cessioni intracomunitarie, nei confronti di un’azienda tedesca.
La Commissione di secondo grado di Bolzano, a conferma della decisione della Commissione di primo grado della stessa sede, ha annullato l'avviso di accertamento, ritenendo integrata la violazione del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della
legge n. 212 del 2000.
L’Ufficio ha quindi proposto ricorso per cassazione col quale ha denunciato la violazione dell'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, nonché degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 633/72 e degli artt. 32 e 33 del D.P.R. n. 600/73, per avere la Commissione Tributaria di secondo grado erroneamente ritenuto che, a seguito di accesso presso il contribuente con regolare comunicazione del verbale di conclusione delle operazioni, fosse necessario, per il rispetto del contraddittorio,
la notifica di un ulteriore verbale in conseguenza dei successivi esiti di un'attività istruttoria interna svolta dall'ufficio.
Dal canto suo il contribuente ha depositato nel giudizio di legittimità una memoria con la quale ha proposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000, se inteso nel senso che il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, riconosciuto al contribuente prima della notifica di un atto impositivo, possa legittimamente decorrere anche dalla comunicazione di "un sintetico verbale di semplice acquisizione di documenti qualsiasi", qualificato come "processo verbale di chiusura", perché un simile atto "non consente una effettiva replica a elementi dei quali non si è messi in condizione di conoscere".
Ebbene, il Collegio di legittimità ha disatteso la questione di costituzionalità sollevata dal contribuente e ha accolto, di conseguenza, il mezzo d’impugnazione erariale.
Principi di diritto - La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso erariale, ha richiamato in motivazione la propria copiose giurisprudenza riguardante l’obbligo del contraddittorio preventivo rispetto alle ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali.
A tal proposito, in particolare, è stato chiarito che, in materia di garanzie del soggetto sottoposto a verifiche fiscali, il processo verbale, redatto ai sensi dell'art. 24 della L. n. 4 del 1929, deve attestare le operazioni compiute dall'Amministrazione, sicché, nel caso di accesso mirato all'acquisizione di documentazione fiscale, è sufficiente l'indicazione, in esso, dei documenti prelevati, ferma restando la decorrenza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 dal rilascio di copia del predetto verbale, senza che sia necessaria l'adozione di un'ulteriore verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate.
È stato altresì specificato che, in tema di violazione di norme finanziarie (nella specie, in materia di IVA), il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dalla L. n. 4 del 1929, art. 24, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti (Cass. Sez. V, 8.5.2019, n. 12094; conf. Cass. sez. V, 4.5.2019 n. 11589).
Pertanto, con riferimento alle garanzie riconosciute al contribuente nel caso di accesso, la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che la garanzia di cui all’art 12, comma 7, Stat. Contr. si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione, sia in quanto le disposizioni in materia non prevedono alcuna distinzione in ordine alla durata dell'accesso, ed è, comunque, necessario, anche in caso di "accesso breve", sia perché, anche in caso di "accesso breve", si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. S.U. n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12 (così Cass. Sez. VI-V, n. 14258/2022).
Alla luce dei suesposti principi di diritto, i giudici del “Palazzaccio” sono giunti alla conclusione di dover accogliere il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, con
enunciazione del seguente principio di diritto:
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«il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell'avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell'impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli Uffici dell'Ente impositore».
Ad avviso della Corte, tale soluzione appare ragionevole. Infatti un atto ulteriore, volto a comunicare la chiusura delle operazioni presso gli uffici – chiosano gli Ermellini -,
«si risolverebbe nella mera anticipazione dei contenuti dell'atto impositivo, avverso il quale è assicurato il diritto alla piena tutela anche giurisdizionale, con inutile aggravio di tempi, nonché dispersione di energie e risorse pubbliche».
Il rinvio - Conclusivamente, la decisione impugnata è stata cassata e la causa rinviata innanzi alla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi suesposti.