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L’impegno all’assunzione rappresenta una fase delicata del processo di selezione, in cui azienda e candidato fissano le regole di ingaggio in vista del futuro contratto di lavoro.
Pur trattandosi di un accordo precontrattuale, esso genera obbligazioni giuridicamente vincolanti e, se mal gestito, può sfociare in contenziosi o richieste risarcitorie.
Occorre dunque approfondire i contenuti essenziali e le cautele redazionali, offrendo tre risposte operative e un caso pratico per la corretta gestione dello strumento.
L’impegno all’assunzione è un accordo di natura precontrattuale con cui il datore di lavoro e il candidato stabiliscono le condizioni che regoleranno la futura costituzione del rapporto di lavoro.
Serve a formalizzare la volontà reciproca di procedere all’assunzione, fornendo garanzie di serietà e tutela per entrambe le parti.
La duplice finalità è evidente:
Non esiste un obbligo generalizzato di forma scritta, ma, in base all’art. 1351 c.c., l’impegno deve rispettare la stessa forma prevista per il contratto definitivo.
Pertanto, la forma scritta è necessaria nei casi di:
Nel contratto a tempo indeterminato, pur non essendo obbligatoria, la forma scritta è altamente consigliata per fini probatori.
Gli elementi fondamentali da includere sono:
Possono essere aggiunte clausole accessorie (patto di non concorrenza, fringe benefit, obiettivi incentivanti) e clausole di tutela, come la penale in caso di inadempimento o la risoluzione automatica in caso di mancata presentazione del lavoratore.
L’impegno all’assunzione vincola giuridicamente le parti anche prima della firma del contratto di lavoro.
Un recesso ingiustificato può dar luogo a:
Per questo, è opportuno che il datore di lavoro circostanzi accuratamente l’impegno, indicando la data limite di validità e la condizione di efficacia (ad esempio, il superamento di prove o verifiche finali).
Per evitare il rischio di contenzioso, la lettera-accordo d’impegno all’assunzione deve necessariamente contenere gli stessi elementi che costituiranno oggetto del contratto definitivo, elementi indicati nel citato D.Lgs. n. 152/1997 e cioè:
Le informazioni concernenti l’eventuale periodo di prova, la retribuzione, le ferie, l’orario di lavoro ed il preavviso possono essere effettuate mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al lavoratore.
Agli elementi sopra indicati vanno aggiunti, in funzione di altre norme di legge che prevedono obbligatoriamente la forma scritta, anche i seguenti:
In funzione, invece del desiderio del datore di lavoro di cautelarsi nel caso di ripensamento del lavoratore ad instaurare effettivamente il rapporto di lavoro nei termini concordati con la lettera d’impegno, sarà necessario prevedere in quest’ultima:
Quando è preferibile usare l’impegno all’assunzione invece del contratto?
Quando il lavoratore ha un periodo di preavviso lungo o quando il datore di lavoro vuole formalizzare la futura assunzione prima della data di inizio, in attesa di completare pratiche o autorizzazioni interne.
È possibile recedere dall’impegno all’assunzione?
Solo se è prevista una clausola risolutiva espressa o se sussistono giustificati motivi (es. sopravvenuta impossibilità di assunzione, riorganizzazione aziendale imprevista). In caso contrario, il recesso unilaterale può comportare responsabilità precontrattuale e obbligo di risarcimento.
Cosa deve verificare il Consulente del Lavoro prima della firma?
Occorre verificare che:
Un controllo preliminare evita futuri contenziosi e fornisce certezza giuridica a entrambe le parti.
Un’azienda firma con un candidato un impegno all’assunzione come impiegato amministrativo, con decorrenza fissata a un mese di distanza. Il candidato, tuttavia, non si presenta il giorno concordato e comunica di aver accettato un’altra offerta. L’impegno è stato formalizzato in forma scritta, con indicazione di data di decorrenza e retribuzione. Non era però prevista alcuna clausola penale o di decadenza. L’azienda, che aveva rinunciato ad altri candidati, subisce un danno economico per il ritardo nella copertura della posizione.
In base all’art. 1337 c.c., il comportamento del lavoratore integra una violazione dell’obbligo di buona fede precontrattuale, e l’azienda può chiedere il risarcimento del danno (ad esempio, spese di selezione e costi organizzativi).
Per evitare simili situazioni, è raccomandabile inserire nella lettera d’impegno:
(prezzi IVA esclusa)