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Il recesso dal rapporto di lavoro subordinato è soggetto, salvo casi particolari, all’obbligo di preavviso. Il mancato rispetto di tale periodo comporta conseguenze economiche rilevanti, che si traducono in un’indennità sostitutiva da calcolare e liquidare in busta paga. L’articolo analizza la disciplina del preavviso prevista dal codice civile e dai contratti collettivi, illustrando le modalità di gestione contabile e contributiva sia quando il recesso proviene dal datore di lavoro sia quando proviene dal lavoratore. Sono presentati esempi pratici di busta paga con preavviso lavorato e non lavorato, chiarendo come determinare correttamente imponibile, contributi e tassazione.
L’obbligo di preavviso nel rapporto di lavoro subordinato trova fondamento nell’articolo 2118 del codice civile, il quale stabilisce che:
“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando preavviso nei termini e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.”
La norma attribuisce ai contratti collettivi il compito di determinare la durata del periodo di preavviso in funzione dell’inquadramento, dell’anzianità e della tipologia di rapporto.
La finalità del preavviso è duplice:
Il recesso privo di preavviso comporta l’obbligo, per la parte che recede, di corrispondere all’altra una indennità sostitutiva del preavviso, di natura retributiva, ai sensi dell’art. 2118, comma 2, c.c.
Tale indennità è soggetta a contribuzione previdenziale e tassazione ordinaria, come chiarito da costante prassi INPS e Agenzia delle Entrate (circ. INPS n. 182/1996; ris. AE n. 145/E/2003).
Se il lavoratore o il datore di lavoro rispettano integralmente il periodo di preavviso, il rapporto prosegue regolarmente sino alla sua naturale cessazione.
La retribuzione continua a maturare in tutte le sue componenti (mensilità, ferie, ratei, TFR, contributi).
Un impiegato del CCNL Commercio con 10 anni di anzianità rassegna le dimissioni il 1° settembre, con un preavviso di 30 giorni.
Il rapporto terminerà il 30 settembre e la busta paga del mese conterrà la normale retribuzione, con regolare contribuzione su tutti gli elementi maturati. Nessuna indennità sostitutiva è dovuta.
Quando è il datore di lavoro a recedere senza far lavorare il preavviso, al lavoratore deve essere corrisposta l’indennità sostitutiva, in misura pari alle retribuzioni che sarebbero spettate nel periodo non lavorato.
Tale indennità ha la stessa natura della retribuzione ordinaria e incide:
Calcolo
Preavviso previsto: 45 giorni.
Ultimo giorno lavorato: 15 ottobre.
Retribuzione mensile: 2.000 euro lordi.
Calcolo indennità:
2.000 ÷ 30 × 45 = 3.000 euro
In busta paga di ottobre l’importo andrà esposto come “indennità sostitutiva del preavviso” ed è imponibile sia per i contributi previdenziale che a fini IRPEF.
Se è il lavoratore a rassegnare le dimissioni e decide di non rispettare il periodo di preavviso, è necessario corrispondere un’indennità risarcitoria al datore di lavoro, commisurata alla retribuzione corrispondentemente spettante.
In tal caso l’importo corrispondente al periodo non lavorato viene trattenuto in busta paga come importo a debito.
Preavviso dovuto:1.800 ÷ 30 × 30 = 1.800 euro
La busta paga del mese di ottobre esporrà una trattenuta per mancato preavviso di € 1.800, con conseguente diminuzione del netto a percepire.
L’importo non è soggetto a contribuzione né a tassazione, trattandosi di somma risarcitoria in favore del datore di lavoro (circ. INPS n. 82/2002).
Sulla scorta degli orientamenti di prassi e giurisprudenziali, è possibile individuare alcuni aspetti specifici di gestione della fattispecie in esame:
Situazione | Soggetto che recede | Gestione in busta paga | Regime contributivo | Regime fiscale |
Preavviso lavorato | Datore o lavoratore | Normale retribuzione fino a fine rapporto | Imponibile | Imponibile |
Mancato preavviso (recesso datore) | Datore | Voce “indennità sostitutiva del preavviso” | Imponibile | Imponibile |
Mancato preavviso (recesso lavoratore) | Lavoratore | Voce “trattenuta mancato preavviso” | Non imponibile | Non imponibile |
L’indennità sostitutiva del preavviso è soggetta a contribuzione?
Sì, se erogata dal datore di lavoro, poiché costituisce reddito di lavoro dipendente. È imponibile ai fini INPS e IRPEF.
Il lavoratore che non rispetta il preavviso può essere obbligato a restituire parte del TFR?
No, l’indennità per mancato preavviso viene trattenuta dalle competenze di fine rapporto. Se queste non coprono l’importo dovuto, il datore può agire per il recupero, ma non può decurtare il TFR già maturato salvo specifico accordo.
Se il preavviso è parzialmente lavorato, come si calcola l’indennità?
Si calcola proporzionalmente ai giorni residui non lavorati, sulla base della retribuzione globale di fatto (art. 13 CCNL e art. 2118 c.c.).
Un lavoratore con contratto a tempo indeterminato CCNL Metalmeccanici, inquadramento 5° livello, retribuzione mensile € 2.200, rassegna le dimissioni il 10 maggio senza prestare i 30 giorni di preavviso contrattuale.
Nel mese di maggio percepisce retribuzione per 10 giorni (€ 733,33) ma subisce una trattenuta per mancato preavviso di € 2.200.
Il netto finale risulta negativo (€ –1.466,67), che l’azienda compensa con le somme dovute a titolo di TFR. Il datore di lavoro, in assenza di ulteriori spettanze, potrà richiedere la restituzione dell’importo residuo mediante apposita diffida. Viceversa, in caso di licenziamento senza preavviso nello stesso scenario, il datore dovrà corrispondere € 2.200 di indennità sostitutiva, con piena contribuzione e tassazione