Premessa – Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta all’interpello n. 22/2012, ha chiarito che il nostro ordinamento non disciplina direttamente il meccanismo del cambio di appalto previsto dalla contrattazione collettiva ma concede comunque sufficienti tutele al lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro che ne intima il licenziamento per la conclusione dell’appalto, sia nei confronti della società nuova appaltatrice.
Il quesito – L’Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi ha avanzato richiesta di interpello per sapere “quale possa essere lo strumento legale assimilabile al cambio d’appalto e che ne qualifichi lo spessore giuridico-contrattuale” e quale tutela sia esperibile “al fine di garantire i diritti dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro”.
Il C.C.N.L. – Innanzitutto il Ministero del Lavoro chiarisce come la materia della successione degli appalti tra imprese è strettamente collegata alla contrattazione collettiva. Ciò potrebbe essere però deleterio per la stabilità del rapporto di lavoro. Infatti avendo il contratto collettivo una efficacia soggettivamente limitata, le clausole che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro risultano opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli analogo obbligo.
La giurisprudenza - La giurisprudenza si è più volte trovata a decidere su questioni attinenti i licenziamenti effettuati per cambio appalto o per mancate assunzioni da parte delle nuove società appaltatrici, ribadendo che in virtù della previsione da parte della contrattazione collettiva della disciplina del cambio appalto, sussiste per il lavoratore un diritto all’assunzione diretta da parte dell’impresa subentrante in caso di cessazione dell’appalto originario, quindi anche per scadenza del contratto o risoluzione anticipata dello stesso (Cass., sez. lav., n. 12613/2007). Per la Suprema Corte, la tutela prevista dai contratti collettivi si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario.
La risposta M.L.P.S. – L’orientamento giurisprudenziale risulta in linea con il quadro giuridico delineato dal Legislatore e dalla prassi di questo Ministero dato che: da un lato grazie alla riconduzione della cessazione del rapporto di lavoro al licenziamento individuale, si afferma per il lavoratore il diritto di impugnare il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo; dall’altro si rafforza l’obbligo giuridico per l’azienda subentrante di assunzione diretta del lavoratore in base alle previsioni contenute nel contratto collettivo e la conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inottemperanza, di adire l’Autorità giudiziaria. Dunque va rilevato che l’ordinamento, pur non disciplinando direttamente il meccanismo del cambio appalto previsto dalla contrattazione collettiva concede comunque sufficienti tutele al lavoratore sia nei confronti del datore di lavoro che ne intima il licenziamento per la conclusione dell’appalto, sia nei confronti della società nuova appaltatrice.
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