2 luglio 2012

Contratto a termine. Addio al “causalone”

Scompare la causale che giustifica il termine
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – A seguito dell’ok definitivo della Camera, il D.D.L. della riforma del lavoro è diventata legge dello Stato italiano. Diverse le novità, soprattutto sulla c.d. “flessibilità in entrata”, e in particolare sul contratto a termine. Al riguardo, è stata introdotta la possibilità di stipulare tale tipologia di lavoro, solo per la prima volta e senza la possibilità di prorogare il contratto, per una durata massima di 12 mesi (la versione precedente ne prevedeva 6 mesi); e l’eliminazione del c.d. “causalone” che giustifica l’apposizione del termine. Ma vediamo nel dettaglio tutte le novità in merito.

Il contratto a termine -
Il Governo, in un contesto di riduzione di alcune tipologie contrattuali attualmente esistenti, pone un forte limite a quelli a tempo determinato, mediante un incremento dell’aliquota contributiva pari all’1,4% (a decorrere dal 1° gennaio 2013), destinato al finanziamento dell’ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego). Quanto alla durata del contratto a termine bisogna aggiungere, inoltre, che la contrattazione collettiva (di qualsiasi livello) può prevedere l'esclusione della motivazione, anche per contratti di durata superiore, purché nel limite complessivo del 6% del totale dei lavoratori occupati nell'unità produttiva.

Estensione del contratto
– Tuttavia, il lavoratore può continuare a lavorare anche oltre il termine fissato dal contratto purché entro i nuovi limiti di 30 giorni per il contratto di durata inferiore a 6 mesi, e di 50 giorni per i contratti di durata superiore. In tal caso, però, prima della scadenza del contratto il datore di lavoro deve obbligatoriamente comunicare la proroga al Centro per l'impiego territorialmente competente, con modalità fissate dal Ministero del Lavoro mediante decreto non regolamentare.

Termini per la riassunzione -
Altra novità riguarda i termini da rispettare per le riassunzioni. Il datore di lavoro, infatti, per poter riassumere lo stesso lavoratore deve aspettare un periodo minimo di 60 giorni (per i contratti inferiori a 6 mesi) e di 90 giorni (per i contratti superiori a 6 mesi). L’interruzione minima per i contratti collettivi (di qualsiasi livello) invece vengono ridotti, rispettivamente, a 20 e 30 giorni. Inoltre, ai fini del raggiungimento del tetto dei 36 mesi si computano anche il contratto di somministrazione a termine finora escluso.

Impugnativa – Nel caso in cui il lavoratore vuole impugnare il contratto per un’eventuale nullità del termine apposto, deve farlo entro 120 giorni dalla scadenza del contratto stesso. Tali disposizioni decorrono dalle cessazioni successive al 1° gennaio 2013.

Il risarcimento
– Importanti novità anche sul versante risarcitorio. Infatti, qualora il giudice ritiene illegittimo il licenziamento e ordina quindi la ricostituzione del rapporto di lavoro, l’indennità, prevista nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, copre per intero il pregiudizio subito dal lavoratore relativo al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento.

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