18 settembre 2014

Indennità risarcitoria. Sanzione flessibile per ritardato pagamento

Il datore di lavoro sconta solo gli interessi di mora in caso di indennità risarcitoria pagata in ritardo

Autore: Redazione Fiscal Focus
Importante svolta sulle conseguenze da applicare in caso di ritardato o mancato pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Infatti, qualora il lavoratore in luogo della reintegra scegliesse il pagamento dell’indennità risarcitoria, e il datore di lavoro risultasse inadempiente, saranno dovuti al lavoratore esclusivamente gli interessi di mora sull’indennità di 15 mensilità. A stabilirlo è la Cassazione Civile, Sentenza n. 18353/2014.

Art. 18 – Prima dell’intervento dell’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), era previsto che nel caso di licenziamento illegittimo disposto da datori di lavoro nel c.d. “regime di tutela reale” (oltre 15 lavoratori nell’unità produttiva o nel comune, o comunque 60 nel territorio nazionale), la sentenza che sanciva l’illegittimità di un licenziamento, comportava l’obbligo di reintegra nel luogo di lavoro e il diritto alle retribuzioni perdute e ai relativi contributi previdenziali. Al riguardo, i Giudici della Suprema Corte sottolineano che, pur riguardando il regime previgente alla Legge Fornero, mantiene comunque tutta la sua attualità ed applicabilità in quanto anche dopo le modifiche del 2012, nei casi più gravi, il nuovo impianto normativo ha mantenuto quale conseguenze del licenziamento illegittimo la reintegrazione e la possibilità per il lavoratore di optare per l’indennità. Principio, questo, confermato dalla stessa sentenza nella parte in cui afferma che “una disciplina in una formulazione attualmente non più in vigore […] in realtà anche la stessa riforma del 2012, che si pone in linea di continuità con la formulazione previgente dell’istituto, giustificano una rivisitazione della complessiva questione interpretativa”.

Indennità o reintegra – Come previsto dall’art. 18, fermo restando il diritto alle retribuzioni perdute, è prevista la possibilità per il lavoratore di optare per un’indennità risarcitoria in luogo della reintegra. In particolare, il comma 5 prevede infatti che, “fermo restando il risarcimento del danno […] al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione del posto di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto”. Va evidenziato che il diritto alle retribuzioni perdute non è altro che l’effetto della mancata risoluzione del rapporto di lavoro dichiarata dal giudice con la dichiarazione di illegittimità, dunque solo l’eventuale scelta del lavoratore può produrre l’eventuale risoluzione. Tale opzione deve essere esercitata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza. Infatti, sempre lo stesso comma 5 prevedeva che “qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dal deposito della sentenza il pagamento dell’indennità di cui al presente comma, il rapporto si intende risolto allo spirare dei termini predetti”.

La sentenza – L’argomento che ha creato un contrasto giurisprudenziale, ha riguardato il caso in cui il lavoratore abbia optato per l’indennità, ma il datore di lavoro sia risultato inadempienti ovvero lo abbia fatto tardivamente. In tali casi, infatti, la norma nulla dispone e un chiarimento sul punto era assolutamente necessario. A far chiarezza ci ha pensato la Cassazione a Sezione Unite che ha affermato il seguente importante principio di diritto: “Ove il lavoratore illegittimamente licenziato in regime di c.d. tutela reale – quale è quello, nella specie applicabile ratione temporis, previsto dall’art.18 legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo precedente le modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n.92 – opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dal comma quinto dell’art. 18 cit., il rapporto di lavoro si estingue con la comunicazione al datore di lavoro di tale opzione senza che permanga, per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro, alcun obbligo retributivo con la conseguenza che l’obbligo avente per oggetto il pagamento di tale indennità è soggetto alla disciplina della mora debendi in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, quale prevista dall’art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., salva la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore”.
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