1 luglio 2016

Lavoro estero: gli aspetti previdenziali

Autore: DANIELE BONADDIO
La mobilità del lavoro e dei lavoratori verso nuove frontiere, richiede una particolare attenzione agli assetti previdenziali, nella sua accezione più ampia di sicurezza sociale, applicabili alle diverse tipologie di rapporti transnazionali. In tale contesto, fondamentale è la corretta individuazione della legislazione applicabile ai rapporti di lavoro all’estero. In particolare, si applica un’unica legislazione al rapporto di lavoro che presenti, per motivi differenti, elementi di internazionalità. In tali casi, il criterio generale è il cd. “principio di territorialità”, in base al quale il lavoratore è soggetto alla legislazione dello Stato in cui svolge la propria attività lavorativa. Quindi, la copertura previdenziale assicurativa in materia previdenziale e di sicurezza sociale dovrebbe essere fornita in base alle norme del Paese in cui viene esercitata l’attività lavorativa.
Quanto affermato è la regola generale, l’eccezione invece è rappresentata dai distacchi transnazionali di lavoratori, al verificarsi di determinati requisiti. Ed è proprio nell’ambito del distacco che, al fine di evitare la doppia imposizione contributiva, sono state poste in essere norme di raccordo tra le diverse legislazioni di molti Paesi che derogano al principio della territorialità.
Nel dettaglio, il funzionamento di questa eccezione, sotto il profilo previdenziale ha effetti diversi a seconda che il lavoratore sia inviato in un:
  • paese extracomunitario convenzionato con l’Italia;
  • paese extracomunitario non convenzionato con l’Italia;
  • paese dell’Unione Europea.

Paese UE - Da un punto di vista piuttosto previdenziale è bene precisare che in base ai Regolamenti (CE) n. 883/2004 e n. 987/2009, il lavoratore distaccato può rimanere iscritto alla previdenza italiana per un periodo limitato, pari a 24 mesi. In particolare, affinché l’eccezione al principio della territorialità – di cui si accennava in premessa – sia attuabile è necessario il rispetto delle seguenti condizioni:
  1. il lavoratore non deve essere distaccato in sostituzione di un altro lavoratore il cui distacco ha raggiunto il limite massimo di 24 mesi;
  2. il datore di lavoro deve esercitare abitualmente la sua attività nello Stato d’invio;
  3. deve, mantenersi un legame organico durante il distacco tra datore di lavoro distaccante e lavoratore distaccato.

Volgendo un rapido sguardo agli adempimenti che il datore di lavoro deve porre in essere in caso di distacco di un lavoratore all’estero, si segnala:
  1. la definizione dell’accordo di distacco tra distaccante e distaccatario;
  2. la consegna della lettera di distacco al lavoratore;
  3. la richiesta all’INPS e all’INAIL degli appositi certificati;
  4. la comunicazione telematica del distacco ai servizi competenti (modello UNILAV);
  5. l’annotazione degli estremi del distacco nei libri obbligatori.

Con particolare riferimento al punto 3, si evidenzia che è assolutamente necessario ottenere preliminarmente dall’INPS il rilascio del c.d. “PD A1” o “formulario A1” o del precedente “formulario E101” se il distacco avviene in Islanda, Liechtenstein, Norvegia o Svizzera.
Il formulario A1, in particolare, certifica quale legislazione in materia di sicurezza sociale si applichi in caso di distacco di un lavoratore all’estero. In via generale, serve nei casi in cui la persona interessata, in qualità di lavoratore autonomo o dipendente, abbia dei collegamenti con più di un paese dell’UE in relazione al proprio lavoro autonomo o dipendente.
Sul punto, si precisa che il suddetto formulario è rilasciato dal paese di cui si applica la legislazione e serve a certificare che la persona non è soggetta alla legislazione di nessuno degli altri paesi con cui sono in atto dei collegamenti. Esso deve essere consegnato al lavoratore prima dell’inizio del distacco stesso.
La durata massima del mod. A1, così come del distacco, è di 24 mesi.

Paesi extracomunitari non convenzionati – Differente è la disciplina previdenziale nei Paesi extracomunitari non convenzionati. Infatti, l’assenza di convenzioni con l’Italia rende vigente il principio della territorialità ai fini previdenziali. Di conseguenza i contributi devono essere versati nel luogo di esecuzione della prestazione lavorativa.

Sul punto, l’ordinamento italiano prevede una tutela minima obbligatoria per i lavoratori italiani inviati all’estero in Paesi non legati all’Italia da accordi in materia di sicurezza sociale, rendendo di conseguenza necessario il versamento in Italia di una serie di contributi.
Tali versamenti, in particolare, vanno effettuati a prescindere da quelli effettuati nel Paese estero; pertanto, per il lavoratore inviato in un Paese extracomunitario non convenzionato si applicherà la c.d. “doppia imposizione”. Si tratta di un fenomeno per cui lo stesso presupposto sia soggetto due volte a tassazione in due diversi stati.

Di conseguenza, il datore di lavoro dovrà versare in Italia tutti i contributi previsti dalla L. n. 398/1987 e all’estero, in base al principio della territorialità, quelli ivi previsti.

In considerazione di ciò, la L. n. 398/1987 prevede che le aliquote contributive siano ridotte del 10% sulle aliquote complessive dovute dal datore di lavoro per le assicurazioni IVS e contro la disoccupazione involontaria.

Altra cosa importante riguarda la possibilità di poter cumulare i periodi di lavoro svolto in diversi Paesi extracomunitari, attraverso la “totalizzazione multipla”.

Paesi extracomunitari convenzionati - Sul punto, appare opportuno precisare che ogni convenzione opera in modo autonomo rispetto alle altre, stabilendo condizioni e requisiti differenti, nonché diverse prestazioni da erogare. Il motivo di fondo delle convenzioni internazionali è quello di evitare la doppia imposizione previdenziale, ossia che i contributi vengano versati sia nello Stato di appartenenza del lavoratore sia in quello dove si svolge la prestazione lavorativa.

Altro aspetto importante, che varia in base al contenuto di ciascuna convenzione, riguarda il frazionamento dell’obbligo contributivo. Infatti, solo alcuni accordi (detti “completi”) prevedono la possibilità di poter evitare l’onere del versamento di contributi, relativi a prestazioni differenti, sia nello Stato distaccante che nello Stato distaccatario.
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