Premessa – Dopo circa due settimane dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la riforma del mercato del lavoro (L. n. 92/2011) entra ufficialmente in vigore e con essa anche numerose nuove regole. È il caso, infatti, delle regole sulle dimissioni e sulla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, che entreranno in vigore da subito. Da oggi le dimissioni saranno valide solo se convalidate nelle apposite sedi e con particolari modalità. Secondo la Fondazione Studi dei C.d.L., si tratta di un aggravio burocratico di non poco conto per i datori di lavoro. Tra l’altro, numerosi sono i punti poco chiari (come il termine per procedere alla convalida e l’obbligo di informarne il datore, il computo dei 7 giorni, la sovrapposizione con il preavviso) e le diverse casistiche che si potrebbero verificare fornendo i fac simili per le diverse comunicazioni obbligatorie. La convalida è estesa a tutte le tipologie di dimissioni e risoluzioni consensuali e introduce una disposizione molto articolata e complessa da attuare che rischia di creare un rilevante contenzioso in ordine alla certezza dell’interruzione del rapporto di lavoro e un sovraccarico di procedure e sicuro aumento di costi in capo ai datori. Da precisare, inoltre, che i metodi per le dimissioni si differenziano a seconda che si tratti: di lavoratrici in gravidanza (o per i lavoratori in periodo protetto) o della generalità dei lavoratori.
Lavoratrici in gravidanza – Nel primo caso, la risoluzione consensuale o le dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento (o adozione internazionale) devono essere opportunamente convalidate dalla D.T.L.
Generalità dei lavoratori - Per la generalità dei lavoratori, invece, l’efficacia delle dimissioni (o della risoluzione consensuale) è condizionata dalla convalida da effettuare presso la D.T.L. o il Centro per l’impiego territorialmente competente oppure ancora presso le sedi individuate dai CCNL.
L’iter da seguire - Il datore che riceve le dimissioni, quindi, provvede all’ordinaria Comunicazione telematica di cessazione al centro impiego (Co) ed entro 30 giorni (a pena di nullità), invita il lavoratore alla sottoscrizione della suddetta comunicazione obbligatoria. A questo punto, il lavoratore ha 7 giorni di tempo dal ricevimento dell’invito per sottoscrivere la comunicazione obbligatoria e chiudere il rapporto. Durante tale periodo, il lavoratore ha a disposizione altre due alternative: non fare nulla e per silenzio assenso le dimissioni saranno valide oppure può contestarle offrendo le proprie prestazioni lavorative.
Il parere dei C.d.L. - A tal proposito i C.d.L. ritengono che il fenomeno delle dimissioni in bianco non assume volumi significativi nel mondo del lavoro tali da giustificare un intervento di tutela esteso a tutte le interruzioni di rapporti di lavoro. Infatti, nella relazione illustrativa del testo non c’è traccia dei numeri e della dimensione del fenomeno, dati invece che secondo i C.d.L. sarebbero molto utili a comprendere il perché di una disciplina così invasiva. In realtà i dati si conoscono, e come! Gli esperti della Fondazione Studi stimano le dimissioni e le risoluzioni consensuali rispettivamente al 5% e 3%. Percentuali, secondo quest’ultimi, che non giustificano affatto l'entrata in vigore di una normativa così aggravante.
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