31 maggio 2012

Libertà di critica nei confronti del datore di lavoro

È possibile criticare il proprio datore di lavoro, purché non si superi la soglia del rispetto della verità oggettiva
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa -In materia di esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, è necessario che il dipendente medesimo non ecceda, con dolo o colpa grave, la soglia del rispetto della verità oggettiva con modalità e termini tali da ledere gratuitamente il decoro del suddetto datore di lavoro o del proprio superiore gerarchico, determinando così un pregiudizio per l’impresa. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7471 del 14 maggio 2012.

La vicenda –La vicenda riguarda una società che, a seguito di una critica subita dal proprio dipendente, decide di sospendere quest’ultimo dal lavoro. Tuttavia, la Corte d’Appello prima e la Corte di Cassazione poi, condannano la società a pagare la retribuzione per i giorni di sospensione con accessori di legge. Infatti, i giudici della Corte d’Appello di Milano precisano che:l'esercizio del potere disciplinare (che ha comportato due sospensioni dal lavoro, rispettivamente di tre e di cinque giorni) è stato, nella specie, del tutto ingiustificato perché illavoratore, nell'aver segnalato alla datrice dilavoro una serie di irregolarità relative agli appalti di manutenzione, non ha violato i limiti di rispetto della verità oggettiva, né ha adottato modalità e termini tali da offendere l'onore, lareputazione e il decoro dell'impresa;tra l’altro, si rileva che è infondata la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, stimato in 50.000 euro, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio manca un’allegazione specifica o un riferimento concreto ai pregiudizi subiti.

La sentenza –Al riguardo, i giudici di merito stabiliscono in tema di esercizio del diritto di critica da parte del dipendente nei confronti del datoredi lavoro, l’obbligo del prestatore di non oltrepassare, con dolo o colpa grave, lasoglia del rispetto della verità oggettiva con modalità e termini tali da ledere gratuitamente ildecoro del datore di lavoro o del proprio superiore gerarchico e determinare un pregiudizio perl'impresa. Pertanto, ne consegue che, ove tali limiti siano superati con l'attribuzione all'impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati,il comportamento del lavoratore può essere legittimamente sanzionato in via disciplinare. Nel caso di specie, le doglianze mosse dalla datrice di lavoro si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e dellestesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettativedella medesima ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione delmateriale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

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