Ridimensionati i casi di reintegra nei licenziamenti disciplinari. Infatti, a differenza di quanto previsto per i licenziamenti economici (giustificato motivo oggettivo) – i quali non potranno più determinare la reintegra nel posto di lavoro ma semplicemente un’indennità monetaria – nel caso dei licenziamenti disciplinari cambiano le conseguenze. Infatti, la nuova disciplina (operativa dal 7 marzo 2015) sui licenziamenti disciplinari prevede che si applichi la reintegra nel posto di lavoro qualora sia dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. Negli altri casi, invece, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità.
Licenziamenti disciplinari – I licenziamenti disciplinari riguardano quelli determinati per giusta causa (articolo 2119 c.c.) e quelli per giustificato motivo soggettivo (art. 3 della L. n. 604/1966). In particolare, i primi si identificano in un gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali o anche da un fatto esterno al rapporto, tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro nella puntualità dei successivi adempimenti. Il giustificato motivo soggettivo, invece, è costituito da "un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro" (art. 1445 c.c.).
Indennità risarcitoria - Sul punto, si ricorda che la reintegra o meno del lavoratore nel posto di lavoro non è determinata in base alla gravità della violazione, bensì all’esistenza o meno del fatto materiale.
Quindi, qualora il lavoratore assunto in regime di tutela reale (dopo il 7 marzo 2015) venga licenziato per motivi disciplinari, è prevista generalmente un’indennità monetaria pari a una mensilità della retribuzione per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 2 e non superiore a 6 mensilità.
Se, invece, l’azienda occupa più di 15 dipendenti, è prevista un’indennità pari a 2 mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
A tal proposito, si rammenta che l’indennità si calcola basandosi sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR e tenendo conto anche dei periodi inferiori all’anno che dovranno essere considerati secondo i mesi di anzianità maturati.
Reintegrazione – Differente è il discorso se il giudice accerta che il licenziamento derivi da un fatto materiale inesistente. In tal caso, infatti, è prevista la reintegra nel posto di lavoro, più un’indennità risarcitoria massimo pari a 12 mensilità di retribuzione (verrà detratto quanto percepito dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro). In tal caso, il datore di lavoro è tenuto anche al pagamento dei contributi previdenziali dalla data di licenziamento, fino alla data di effettiva reintegrazione.
In alternativa, il lavoratore conserva la facoltà di chiedere un’indennità pari a 15 mensilità (esente da contributi).
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