La comunicazione preventiva scritta prevista dall’art. 4, comma 2 della L. 223/1991, necessaria per avviare l’iter della procedura di mobilità, va fatta non soltanto alle associazioni sindacali presenti sul territorio comunale (CGIL e CISL) in cui ha sede lo stabilimento interessato dalla procedura di mobilità, ma anche a quelle firmatarie del Contratto collettivo nazionale assenti dal Comune in cui ha sede l’impresa.
A stabilirlo è la
Corte di Cassazione con la sentenza 22 agosto 2016 n. 17234, riscrivendo, da una parte, il criterio della “maggior rappresentatività” e, dall’altra, sancendo l’incostituzionalità dell’art. 19 nella parte in cui negava il riconoscimento della rappresentanza sindacale in azienda a quei sindacati che, seppur non firmatari dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, avessero comunque partecipato attivamente alla loro negoziazione.
Procedura di mobilità – La procedura di mobilità, disciplinata dai commi da 2 a 12 dell’art. 4 della L. n. 223/1991, si concretizza in precise azioni la cui sequenza prevede:
- la comunicazione alla RSA (in mancanza alle associazioni di categoria aderenti alle Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale). Tra queste rientrano sia le associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva sia – dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 231/2013, che ha ampliato il concetto di rappresentanza – quelle non firmatarie dei suddetti contratti collettivi che, in forza della loro rappresentatività sostanziale, abbiano comunque partecipato attivamente alla loro negoziazione;
- la comunicazione alle associazioni sindacali di categoria cui si identifica la RSA;
- la comunicazione all’INPS circa il versamento del contributo a carico del datore di lavoro previsto dall’art. 5, co. 4 della L. n. 223/1991;
- la comunicazione alla DTL competente per territorio dell’avvio della procedura;
- la comunicazione alla Giunta della Regione nel cui territorio è insediata l’unità produttiva interessata ai licenziamenti;
- l’esame congiunto dei motivi indicati nella comunicazione trasmessa alla RSA e alle rispettive associazioni di categoria;
- la comunicazione dell’esito della prima fase sia alla DTL che alla Giunta regionale competenti;
- l’esame congiunto in sede amministrativa, da effettuarsi solo nel caso in cui, terminata la prima fase cd. sindacale, le parti non abbiano raggiunto un accordo;
- invio della lettera di recesso del rapporto di lavoro ai lavoratori interessati alla riduzione di personale;
- la contestuale comunicazione alla Giunta regionale, alla Commissione regionale del lavoro ed alle predette associazioni sindacali di categoria dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità.
Criteri di scelta – Ricordiamo che il datore di lavoro è tenuto ad osservare, altresì, alcuni
criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità a seguito dei licenziamenti effettuati per riduzione del personale, in assenza dei quali rende il licenziamento annullabile.
Innanzitutto bisogna osservare le esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale nel rispetto dei criteri previsti dai contratti collettivi stipulati con le associazioni sindacali di categoria nell’ambito delle quali sono state costituite le RSA. In assenza di disposizioni specifiche da parte dei contratti, bisogna tenere conto:
- dei carichi di famiglia;
- dell’anzianità di servizio;
- e delle esigenze tecnico-produttive.
La comunicazione – Come visto pocanzi, l’iter procedurale si apre con la comunicazione scritta da inviarsi alle rappresentanze sindacali aziendali, costituite dell’art. 19 dello Stato dei Lavoratori. Tale comunicazione può essere effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato. Ove in azienda operino diverse rappresentanze sindacali o una RSA ed una RSU, la comunicazione in parola deve essere trasmessa a tutte loro. Basta, quindi la presenza di una sola RSA e rispettiva associazione di categoria per ovviarne l’invio della comunicazione alle altre associazione sindacali esterne aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
In tal contesto, si inseriscono due sentenze ritenute di fondamentale importanza che determinano quando una procedura di mobilità possa ritenersi valida o meno.
La prima, più datata, è quella della Corte di Cassazione, sentenza n. 231/2013, che ha ampliato il concetto di rappresentanza; infatti, tra le confederazioni maggiormente rappresentative vi rientrano sia le associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva sia quelle non firmatarie dei predetti contratti collettivi che, in forza della loro rappresentatività sostanziale, abbiano comunque partecipato attivamente alla loro negoziazione.
La seconda, più recente, è la sentenza del 22 agosto 2016 n. 17234 della Corte di Cassazione, che include tra le associazioni sindacali idonee a ricevere la comunica preventiva, anche quelle non firmatarie dei contratti collettivi che, in forza della loro rappresentatività sostanziale, abbiano comunque partecipato attivamente alla loro negoziazione.