Diversificazione delle fonti, insieme a risparmi e riduzioni dei consumi e price cap hanno prodotto notevoli effetti sulle esportazioni russe, prospettando uno scenario meno critico di quanto previsto. Il nostro Paese è infatti passato da uno scenario di recessione, quando il Fondo monetario internazionale prevedeva una perdita dello 0,1% del Pil, a una leggera crescita dello 0,6% . Complice un inverno mite, che ha permesso il contenimento dei consumi, è tuttavia cambiata la catena di approvvigionamento: basti pensare che, se prima del conflitto la Russia ricopriva il 45% delle forniture europee, ora vale solo il 7% del totale. È poi cambiato l’energy mix anche di famiglie e imprese: a fronte di una produzione industriale in crescita dello 0,5%, infatti, l’utilizzo del gas per fini industriali è calato di quasi il 15%. Anche per altri rifornimenti sono cambiati i canali, permettendo una ripresa dei mercati, come per i cereali di produzione ucraina, dimostrando una discreta flessibilità nel sostituire i propri fornitori.
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