21 ottobre 2023

C’eravamo tanto amati

Autore: Ester Annetta
È stato già prontamente ribattezzato “divorzio facile”, in virtù della rapidità con cui da ora in poi sarà possibile ottenerlo.
La novità arriva dalla Cassazione che ha così finalmente dissipato un dubbio nato da una non chiara interpretazione di un passaggio della riforma Cartabia del processo civile (d.lgs. n. 149 del 2022).

La suddetta riforma – entrata in vigore lo scorso febbraio – ha difatti introdotto la facoltà prevista dall’articolo 473 bis n.49 cpc che consente che una coppia possa presentare una domanda cumulativa e congiunta per separazione e divorzio; tuttavia, secondo le prime interpretazioni non univoche dei giudici di merito, tale possibilità si era prevalentemente intesa limitata ai soli casi contenziosi.

La Prima Sezione Civile della Suprema Corte, invece, con la sentenza n. 28727/2023 in relazione al rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Treviso con ordinanza del 31 maggio 2023, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., ha ribaltato tale visione, enunciato in maniera inequivoca il seguente principio di diritto: «In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.»

Dunque, non solo in caso di separazione giudiziale ma anche consensuale è possibile seguire il percorso più rapido.

Sinora la procedura prevedeva che i futuri ex-coniugi dovessero prima sottoscrivere davanti a un avvocato un accordo per la separazione ed attendere, poi, un periodo di sei mesi al temine del quale riprendere le trattative e depositare un nuovo ricorso per l’ottenimento dello scioglimento del vincolo matrimoniale.

D’ora in avanti invece, scegliendo questa corsia preferenziale, non solo viene semplificato l’intero iter, ma, da un lato viene evitato il rischio di un doppio conflitto a distanza di poco tempo tra la coppia, a tutto vantaggio anche della serenità dei figli; dall’altro, si ottiene un notevole risparmio di tempo, energie e denaro. Con un unico accordo, sia di separazione che di divorzio, si rende difatti possibile trattare in un unico contesto tutte le richieste delle due parti, sottoscrivere un unico atto e depositarlo in Tribunale. I richiedenti devono perciò esibire subito al giudice i mezzi di prova in loro possesso e i documenti attestanti la loro condizione patrimoniale (dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, elenco dei beni di proprietà e delle quote societarie, estratti dei conti correnti). Eventuali dichiarazioni false di un coniuge comportano il rischio di condanna al pagamento delle spese legali e dei danni in favore dell’altro coniuge.

Successivamente, saranno i giudici - grazie ad una serie di novità, tra cui la modernizzazione telematica – ad emettere, in primis, la sentenza che riguarda la separazione e, dopo sei mesi, quella di divorzio. In questo modo verranno snelliti i tempi ed evitate lungaggini burocratiche.
La pronuncia della Cassazione è scaturita – come accennato – da un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Treviso, che aveva sollevato la questione relativa al vuoto normativo della riforma civile.

Per compiutezza di esposizione, si precisa che l’istituto del rinvio pregiudiziale è anch’esso una novità introdotta dalla riforma Cartabia con il nuovo art. 363 bis c.p.c., che prevede che il giudice di merito, con ordinanza e dopo aver sentito le parti costituite, possa disporre il rinvio degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto.

Il primo comma del citato articolo elenca le caratteristiche che la questione di diritto deve avere affinché sia ammissibile il detto rinvio e, nello specifico, che essa: 1) sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non sia stata ancora risolta dalla Corte di Cassazione; 2) presenti gravi difficoltà interpretative; 3) sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi.

Il secondo comma dello stesso articolo prevede che l’ordinanza del giudice di merito che dispone il rinvio debba essere motivata (analogamente a quelle con cui viene sollevata una questione di legittimità costituzionale) e, in particolare, con riferimento al requisito delle gravi difficoltà interpretative, deve richiedere che venga data indicazione delle diverse interpretazioni possibili.

La predetta ordinanza comporta, inoltre, l’automatica sospensione del procedimento di merito, salvo il compimento degli atti urgenti e dell’attività istruttoria non dipendente dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale.

Ricevuta la richiesta, entro 90 giorni il Primo Presidente della Cassazione valuta la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma e, in caso di esito positivo, assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice (secondo le ordinarie regole di riparto degli affari), mentre in caso di esito negativo, dichiara inammissibile la questione con decreto.

Una volta superato il vaglio di ammissibilità, il procedimento si conclude con l’enunciazione del principio di diritto da parte della Corte, espressamente previsto come vincolante nel giudizio nell’ambito del quale è stata rimessa la questione.
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