16 gennaio 2021

L’informazione e la “vox populi”

Autore: Ester Annetta
“Mainstream”: termine albionico che, come tanti, è stato ormai mutuato dal nostro lessico, significa letteralmente “corrente principale”.

Secondo la definizione del dizionario Treccani, è l’”espressione usata prevalentemente in ambito artistico (musica, cinema, letteratura, ecc.), per indicare la corrente più tradizionale e anche più seguita dal grande pubblico. In contrapposizione a prodotti artistici d’autore, o legati alla cultura underground e giovanile, il termine può anche avere una connotazione dispregiativa, per indicare quegli artisti che sono spinti da motivazioni puramente commerciali.”

Per estensione, dunque, “corrente principale” identifica il ben più noto concetto di "tendenza”, non sempre intesa - come ben sottolinea il Treccani – con valenza positiva, e, nella sostanza si riferisce a tutto ciò che, con espressione meno raffinata, fino a qualche decennio fa si definiva “di massa”.

Ha dunque quasi l’aria d’un “tranello linguistico” questo termine che, con la sua esoticità, imborghesisce un concetto ben più proletario, lusingando, in un certo senso proprio quella “massa”, dandole l’illusione d’essere qualcosa di diverso e differenziato da ciò che, nella sostanza, rimane. Difatti, se il termine “massa” evoca repentinamente l’idea della folla, della gente, della calca, “mainstream” ne ingentilisce (almeno in apparenza) il senso, suggerendo il rimando non ad un insieme confuso e generale ma, piuttosto, ad una somma di tante relazioni esclusive con i singoli, come se ciascuno conservasse la propria identità, avesse la propria voce in capitolo, significativa e rilevante per gli altri.

Questa illusione appare tanto più evidente nell’ambito della comunicazione intesa come informazione, dove, anzi, a ben vedere, è per primo proprio il concetto stesso di “mainstream” che finisce, paradossalmente, per subire il medesimo inganno: formalmente abbinato ai tradizionali strumenti di diffusione delle notizie (i giornali in primis, ma anche i telegiornali e la radio), nei fatti sono, poi, altri - più moderni e meno affidabili – i mezzi di divulgazione che si sono accaparrati il dominio di “corrente principale”: i social.

I giornali, come si accennava, sono le vittime che più hanno risentito di questa fallace transizione: un tempo strumento esclusivo (almeno fino all’avvento della tv) e prioritario d’informazione, la carta stampata – che stordiva col suo pungente odore d’inchiostro, tingeva le dita e non si riusciva mai a richiuderla secondo le originarie piegature e che, cessata la sua funzione primaria, donava ulteriore utilità, prestandosi ad altri impieghi domestici (pulire i vetri o incartare caldarroste e peperoni alla brace perché si spellassero meglio) – ha progressivamente subito un tracollo sempre più evidente.

I dati pubblicati da ADS-Accertamenti Diffusione stampa (la società che certifica e divulga i dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica di qualunque specie pubblicata in Italia) relativi alle vendite dei principali quotidiani rivelano, nel periodo settembre 2019-settembre 2020 un calo del 15,4% di quelle dei 59 quotidiani presi in esame nonché un aumento al 67,19% delle copie rese, con un incremento di oltre tre punti percentuali rispetto a settembre 2019.

Tra le cause che principalmente hanno contribuito a questo risultato è da annoverarsi il sempre crescente interesse per l’informazione online da fonti alternative, per tale intendendosi non certo quella reale e sicura riportata dalle versioni virtuali delle medesime testate cartacee, ma quella rimpallata, spesso senza nessuna preventiva verifica (il c.d. fact-checking, l’insieme delle procedute di controllo delle notizie) da “giornalisti” che, invertendo una più logica sequenza, le riprendono proprio dai social “di tendenza”, a discapito dell’affidabilità e della veridicità.

Si assiste perlopiù ad una vera e propria corsa ad arrivare per primi a dare la notizia, obbedendo alla logica utilitaristica del “prima si pubblica, poi, se necessario, si corregge”, a sua volta alimentata dalla consapevolezza che una notizia rettificata finisce pur sempre per essere una notizia amplificata.

Ecco, allora, che la vox populi – ormai confusa con l’inciucio ed il pettegolezzo, col “postare” sui propri “blog”, “bacheche” e “profili” le amenità e le insulsaggini più varie – assurge a notizia, ripresa e rilanciata da quel tam tam mediatico che, a furia di rimbalzi, spesso assegna carattere di verità a ciò che in partenza era falso e che solo l’attenzione e lo scrupolo estremo della verificare possono contribuire a smentire. Purtroppo solo in maniera postuma.

Il vero mainstream purtroppo è oggi questo; l’informazione vera vi si è asservita, e, come se non bastasse, ha perso anche quel carattere d’obiettività che dovrebbe essere la sua connotazione distintiva, il suo spirito critico, pur di compiacere l’utenza e vincere la sfida dei like, subendo, perciò, – ironia della sorte! –la dominanza di altre “correnti prevalenti”.
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