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Il nostro ordinamento non lo riconosce ancora, benché a riguardo siano già stati presentati da tempo diversi disegni di legge, l’ultimo dei quali proprio lo scorso anno. Si tratta del ‘diritto all’oblio oncologico’, un diritto soggettivo secondo cui le persone che siano guarite da un tumore possono scegliere di non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa.
A farsi promotori dell’iniziativa del suo riconoscimento sono state in primis alcune associazioni (la Fondazione AIOM - Associazione Italiana di Oncologia Medica, che con la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” ha promosso una raccolta firme ed una serie di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni a riguardo; l’associazione aBRCAdabra, che sostiene in particolar modo le persone con mutazioni ai geni BRCA1 e BRCA2, che sono connesse al maggior rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro, tra cui quello alla mammella), giacché la richiesta d’informazioni circa il passato stato di salute di un ex malato oncologico è spesso causa di discriminazioni a suo danno in svariati settori.
Difatti, se un tempo il tumore era una malattia che dava poche speranze di sopravvivenza, oggi moltissime neoplasie sono curabili e altre hanno un’aspettativa di vita lunga; garantire alle persone un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica è dunque una necessità per impedire che sia escluso o fortemente limitato l’accesso ad alcuni servizi per i quali è richiesto di fornire informazioni sulla propria storia patologica. E’ il caso di pratiche assicurative o di finanziamento, che vengono rifiutate da parte di istituti di credito ed assicurazioni o concesse a condizioni esose - giacché il rischio di morte è considerato troppo alto - nonché dell’accesso alle adozioni o ad alcune tipologie di lavoro o impiego.
Su questo fronte l’Italia è ancora un passo indietro. Esiste, difatti, sul tema una specifica Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 (2020/ 2267(INI) su: “Rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata”, che, al paragrafo 125, enunciando i campi d’azione, chiede “che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio a tutti i pazienti europei dopo dieci anni dalla fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del trattamento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età”.
Soccorre, più in generale, anche l'articolo 17 del Regolamento europeo (EU-RGPD) che configura il diritto alla cancellazione dei propri dati personali e che può pertanto essere reclamato da qualunque cittadino.
Paesi europei virtuosi come Francia, Lussemburgo, Olanda, Belgio e Portogallo hanno già provveduto ad emanare una propria legge che, in ottemperanza alla citata Risoluzione, riconosce il diritto all’oblio oncologico. La ratio evidente – al di là della prescrizione normativa – è evidente: si tratta di impedire che chi ha già sofferto a causa della malattia debba subire ulteriore disagio anche di natura economica, sociale, psicologica.
Se ne è perciò tornato a parlare anche in Italia in questi giorni, con l’annuncio dell’intenzione del nuovo Governo di proseguire l’iter del Disegno di legge del 2022 che si era interrotto a seguito del subentro della nuova Legislatura e di lavorare, anzi, ad un testo unificato che raccolga anche indicazioni da tutti gli altri precedenti disegni di legge presentati in materia.
Del DdL n. 2548 del 2022 sono dello specifico da considerare: