17 maggio 2021

Smart working: in aumento dal 2020

Una delle conseguenze a seguito della pandemia e delle misure restrittive vigenti è stato l’aumento dello smart working. Nel corso del 2020, il 12,3% dei dipendenti europei ha lavorato in remoto, una percentuale elevata, considerando che negli ultimi 10 anni la quota fissa è stata equivalente al 5%. Tali considerazioni emergono dai dati resi noti dall’Eurostat.

Nel dettaglio, in Italia, tale percentuale è pari al 12,2%, anche se in precedenza, il numero di lavoratori in smart working, è sempre stato elevata, rispetto ai dipendenti in ufficio. Nonostante le premesse, il divario tra le due categorie è diminuito, infatti la percentuale dei lavoratori da remoto si è assestata al 10,8% rispetto al 3,2 del 2019. Per quanto concerne, invece, la percentuale di lavoratori autonomi, è cresciuta lievemente, dal 19,4% del 2019 al 22% del 2020.

Le inclinazioni sono dovute a differenti fattori, tra i quali, il sesso e l’età dei dipendenti. In particolare, nel 2020, il 13,2% delle donne lavora da remoto al cospetto dell’11,5% degli uomini. Nel medesimo anno per i giovani si prospettavano poche opportunità di lavorare da casa, in particolare il 6,3% per coloro tra i 15 e i 24 anni d’età, il 13% per la fascia d’età tra 25 e 49 anni, e, infine, il 12,4% per coloro tra i 50 e i 64 anni.

Di seguito i Paesi dell’Ue in cui si registra un utilizzo significativo dello smart working:

  • Finlandia (25,1%);
  • Lussemburgo (23,1%);
  • Irlanda (21,5%).

Le percentuali più basse di lavoratori da remoto, invece, si evidenziano in:
  • Bulgaria (1,2%);
  • Romania (2,5%);
  • Croazia (3,1%);
  • Ungheria (3,6%).
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