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L’obbligo di restituzione riguarda non solo i documenti consegnati al professionista dal cliente, ma anche quelli ricevuti da terzi per conto dello stesso. Diversamente, deve ritenersi che il divieto non si estende anche ai documenti creati dal professionista, oggetto di proprietà intellettuale da parte del medesimo. È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 239 dell’11 novembre 2021, con il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha fornito chiarimenti in merito alla restituzione dei documenti al cliente da parte del professionista.
Il parere del Consiglio Nazionale è scaturito a seguito di un quesito formulato dal Consiglio di Disciplina di un Ordine territoriale, il quale ha chiesto di sapere se, alla luce dell’articolo 23, comma 5, del Codice deontologico della Professione, l’iscritto debba riconsegnare, oltre alla documentazione fornita dal cliente e al risultato della rielaborazione effettuata dal professionista in forza dell’incarico ricevuto, anche gli archivi informatici (ad es. gli archivi informatici contabilità e/o paghe da poter essere importati dal software del cliente o di altro professionista) e tutto ciò che riguarda la fase intermedia di rielaborazione, comprensiva di tutti i documenti creati dal professionista stesso nell’espletamento dell’incarico e oggetto di proprietà intellettuale.
In merito alla fattispecie prospettata, il CNDCEC evidenzia anzitutto che, l’articolo 2235 del c.c. vieta, in generale, al prestatore d’opera intellettuale di ritenere la documentazione ricevuta dal cliente al di là del tempo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti secondo le leggi professionali.
La norma è diretta a prevenire eventuali abusi e scorrettezze nei confronti del cliente soprattutto nel periodo successivo alla conclusione della prestazione.
Come osserva il Consiglio Nazionale, il divieto appare però attenuato dalla possibilità che il legislatore accorda al professionista, di trattenere la documentazione ricevuta dal cliente (quali prove per dimostrare l’opera svolta) ai soli fini della liquidazione dei compensi e delle spese e per il tempo a tal fine concesso. Sul punto, vengono richiamati i chiarimenti effettuati dalla giurisprudenza, secondo cui il diritto di ritenzione, sancito per i professionisti dall'articolo 2235 del c.c., si riferisce ai soli documenti occorrenti per la dimostrazione dell'opera svolta.
La fattispecie della detenzione dei documenti del cliente da parte del professionista - si evidenzia nel parere - è oggetto anche di alcune prescrizioni deontologiche. A tal proposito, il Codice deontologico della professione (approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 17 dicembre 2015 e in vigore dal 1° marzo 2016 e successivamente aggiornato nella seduta del 16 gennaio 2019), infatti, introduce una serie di disposizioni elencate dal CNDCEC, le quali prevedono:
In considerazione di ciò, il CNDCEC precisa che, l’obbligo di restituzione, riguarda non solo i documenti consegnati all’iscritto dal cliente, ma anche quelli ricevuti da terzi per conto dello stesso cliente (ad es. dalla pubblica amministrazione, da uffici, dalla controparte nell’ambito di un contenzioso tributario, etc.). Diversamente, il Consiglio Nazionale ritiene che il divieto non si estende anche ai documenti creati dal professionista, oggetto di proprietà intellettuale da parte del medesimo.
Risultano esclusi, pertanto, dal perimetro applicativo del divieto di ritenzione, quei documenti che costituiscono vere e proprie carte interne di lavoro (appunti di lavoro, fogli di calcolo, bozze di pareri, bozze di atti giuridici, etc.), predisposte dal professionista al solo fine di adempiere alle incombenze connesse all’espletamento dell’incarico professionale.