18 dicembre 2021

Attività incompatibili con l’esercizio della professione

L’Ordinamento professionale non fa riferimento a specifici codici Ateco

Autore: Pietro Mosella
Al fine di escludere la ricorrenza di una situazione d’incompatibilità in capo all’iscritto che voglia svolgere, in concomitanza con l’esercizio della professione, una diversa attività, anche in via non prevalente né abituale, l’Ordine dovrà verificare che tale ulteriore attività non rientri tra quelle incompatibili con l’esercizio della professione (articolo 4, D. Lgs. n. 139/2005).

È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 222 del 13 dicembre 2021, con il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha fornito chiarimenti in merito alle attività incompatibili con l’esercizio della professione.

Il parere del CNDCEC scaturisce da un quesito pervenuto, da parte di un Ordine territoriale, al Consiglio Nazionale, nel quale è stato chiesto se, un iscritto, possa aggiungere il codice Ateco 74.10.29 alla propria partita Iva, senza incorrere in una delle cause d’incompatibilità previste dall’articolo 4 del D. Lgs. n. 139/2005 (Ordinamento professionale), per svolgere l’attività, non in forma organizzata, di “illustratore” freelance.

L’Ordine territoriale, conseguentemente, vorrebbe sapere dal CNDCEC quale sia, eventualmente, il comportamento da porre in essere ai fini previdenziali qualora fosse possibile associare tale codice Ateco alla partita Iva.

Il parere del CNDCEC – Pur premettendo che il servizio di risposta in commento, relativo ai quesiti formulati dagli Ordini, è finalizzato a chiarire questioni di carattere generale alla luce delle norme introdotte dal suddetto Ordinamento professionale, il Consiglio Nazionale, in merito all’incompatibilità, richiama quanto disposto dall’articolo 4 del D. Lgs. n. 139/2005 che stabilisce come l'esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile sia incompatibile con l'esercizio, anche non prevalente, né abituale:
  • a) della professione di notaio;
  • b) della professione di giornalista professionista;
  • c) dell'attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti;
  • d) dell'attività di appaltatore di servizio pubblico, concessionario della riscossione di tributi;
  • e) dell'attività di promotore finanziario.

La summenzionata disposizione stabilisce, altresì, che l'iscrizione all'Albo non è consentita a tutti i soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, è vietato l'esercizio della libera professione.

Esaminando il contenuto della disposizione sopra menzionata, può notarsi - come osserva il Consiglio Nazionale – che la normativa non fa riferimento a specifici codici Ateco poiché, ai sensi dell’articolo 36 del D. Lgs. n. 139/2005, l’apertura della partita Iva, non rientra tra i requisiti previsti per l’iscrizione nell'Albo, né ai fini del suo mantenimento.

L’obbligo di apertura della partita Iva, infatti, in riferimento ai Dottori Commercialisti, è previsto ai fini dell’esercizio della professione, così come disposto dall’articolo 3 del “Regolamento unitario in materia di previdenza e assistenza” della CNPADC, il quale dispone che, l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per i soggetti che risultano iscritti all’Albo ed hanno iniziato l’attività professionale con relativa posizione Iva.

In merito al codice Ateco, inoltre, nel documento “La previdenza e l’assistenza dei dottori commercialisti”, è specificato che, il codice di riferimento per l’apertura della partita Iva, deve essere 69.20.11, vale a dire quello relativo alle prestazioni fornite dai commercialisti.

Considerando, quindi, tutto quanto sopra esposto, tornando al caso di specie prospettato nel quesito pervenuto al Consiglio Nazionale, al fine di escludere la ricorrenza di una situazione d’incompatibilità in capo all’iscritto che voglia svolgere, in contemporaneità con l’esercizio della professione, una diversa attività, anche in via non prevalente né abituale, l’Ordine dovrà verificare che, detta ulteriore attività, non rientri tra quelle indicate nell’articolo 4 precedentemente citato, accertando, ad esempio, che l’attività in questione non sia svolta in forma d’esercizio di attività d’impresa per proprio conto.

In merito alla seconda questione sollevata dall’Ordine territoriale nel quesito (comportamento ai fini previdenziali in caso si possa associare il codice Ateco in questione alla partita Iva), invece, il CNDCEC osserva che la stessa verte su temi che esulano da quelli propriamente ordinistici, ragion per cui consiglia di rivolgersi all’interlocutore istituzionale competente.
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