4 marzo 2021

Domicilio digitale inattivo dell’iscritto: l’Ordine attiva la procedura di diffida

I chiarimenti forniti dal CNDCEC nel Pronto Ordini n. 207

Autore: Pietro Mosella
Per l’iscritto che non ha provveduto a rinnovare il proprio domicilio professionale scaduto o che, pur avendolo fatto, non ha comunicato le variazioni intervenute e che, pertanto, ha un domicilio digitale inattivo, l’Ordine dovrà attivare la procedura di diffida, assegnando, inoltre, nei casi previsti, un termine idoneo per la comunicazione della posta elettronica certificata (PEC) e disponendo la sospensione degli iscritti che non provvedano nel termine indicato.

È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 207/2020 di recente pubblicazione a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC), il quale ha fornito chiarimenti in materia di domicilio digitale.

Il quesito – Un Ordine territoriale, rifacendosi anche alle Informative n. 98/2020, n. 143/2020 e n. 156/2020, ha chiesto al CNDCEC se il Consiglio dell’Ordine debba formulare diffida anche agli iscritti che, pur avendo comunicato un indirizzo PEC alla segreteria dell’Ordine stesso, non ricevono le PEC, in quanto la casella PEC risulta piena o non rinnovata.

A tal proposito, è opportuno ricordare che l’articolo 16 del D.L. n. 185/2008, sancisce l’obbligo del professionista di comunicare il proprio indirizzo PEC all’ordine di appartenenza e che, l’articolo 37 del D.L. n. 76/2020 (c.d. “Decreto Semplificazioni”), ha introdotto un sistema sanzionatorio per le ipotesi di inadempimento da parte degli iscritti di comunicare il proprio domicilio digitale all’Ordine o Collegio di appartenenza.

Il parere del CNDCEC –Il Consiglio Nazionale, prima di rispondere ad entrambi gli aspetti evidenziati nel quesito, sottolinea che è possibile distinguere tra domicilio digitale attivo, come nel caso di casella PEC “piena”, e domicilio digitale inattivo perché non valido o non funzionante, ad esempio a seguito di mancato rinnovo.

Per quanto concerne il primo caso prospettato, ovvero quello della casella PEC “piena”, il CNDCEC ritiene che, l’obbligo di comunicazione, sia da intendersi assolto e che l’Ordine non sia tenuto ad effettuare la diffida ad adempiere. Ciò, in quanto la Corte di Cassazione civ. Sez. VI - 3 Ord., 11-02-2020, n. 3164, in tema di “Notificazione di atti, per via telematica, a soggetti obbligati a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata”, ha precisato che “la notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l'operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella PEC del destinatario ‘piena’, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l'inadeguata gestione dello spazio per l'archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”.

Il Consiglio Nazionale, inoltre, richiama un’altra pronuncia degli Ermellini in tema di notificazione in materia civile, ovvero la sentenza Cass. civ. Sez. lavoro, 21-05-2018, n. 12451.

La fattispecie prospettata è equiparata dal CNDCEC a quella della raccomandata AR: il fatto che il destinatario non sia in casa o non vada a ritirarla all’ufficio postale non lo esonera dall’averla ricevuta. La raccomandata risulta consegnata ed il destinatario non può far nulla per provare il contrario.
La casella PEC “piena” risulta, pertanto, una casella attiva e, di conseguenza, si ritiene che l’Ordine non debba formulare diffida agli iscritti che, pur avendo comunicato un indirizzo PEC alla segreteria, non ricevono le PEC, in quanto la casella PEC risulta, appunto, piena.

Secondo il Consiglio Nazionale, comunque, in un’ottica di piena collaborazione, l’Ordine potrebbe mettersi in contatto con il proprio iscritto attraverso altri mezzi, per sollecitare un uso diligente del domicilio digitale.

In relazione alla seconda fattispecie posta nel quesito (casella PEC non rinnovata), si rileva come questa condizione sia ascrivibile ad una assenza di indirizzo. Ciò, in ragione del fatto che, dopo un certo lasso di tempo, la casella PEC scaduta non potrà essere rinnovata e sarà necessario acquistarne una nuova, procedendo ad associare lo stesso nominativo della precedente (stesso codice fiscale).

Secondo il CNDCEC, rifacendosi alla normativa vigente, e ragionando per analogia, si può ritenere che, il Consiglio dell’Ordine, debba formulare diffida agli iscritti che, pur avendo comunicato un indirizzo PEC alla segreteria dello stesso, non ricevono le PEC, in quanto la casella risulta non rinnovata (e quindi inattiva).

Tutte le società e le imprese individuali, infatti, devono avere un indirizzo di PEC e devono chiederne l’iscrizione nel Registro delle Imprese. La PEC deve, inoltre, essere attiva, quindi né scaduta e né revocata. In caso contrario, l’impresa ha l’obbligo di comunicare all’Ufficio del Registro delle Imprese un nuovo indirizzo PEC dell’impresa. Pertanto, se la casella PEC comunicata al Registro imprese risulta scaduta e non è rinnovabile o riattivabile (in quanto non viene rinnovata o riattivata dal gestore del servizio), è stata revocata dal gestore o è stata cancellata d’ufficio dal Registro Imprese. In tali casi, l’impresa ha l’obbligo di comunicare al Registro delle Imprese un nuovo indirizzo PEC valido e attivo.

Sul punto il Consiglio Nazionale richiama anche la Direttiva 2608 del 27 aprile 2015 (in vigore dal 13 luglio 2015), emanata dal MISE, secondo cui l’ufficio del Registro delle Imprese ha l’obbligo di verificare, con modalità automatizzate e con periodicità almeno bimestrale, se le caselle di PEC relative agli indirizzi iscritti nel Registro stesso risultino attive.

Si deve considerare, altresì, quanto disposto dall’articolo 3-bis, comma 1, del CAD, ossia che, i professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese, hanno l’obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell’elenco di cui all’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti o all’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi.

Alla luce di tutto quanto esposto, quindi, il CNDCEC conclude affermando che, nei confronti dell’iscritto che non ha provveduto a rinnovare il proprio domicilio professionale scaduto o che, pur avendolo fatto, non ha comunicato le variazioni intervenute essendo, pertanto, in possesso di un domicilio digitale inattivo, l’Ordine dovrà attivare la procedura di diffida indicata nell’Informativa n. 143/2020 assegnando, nei casi previsti, un termine idoneo per la comunicazione della PEC e disponendo la sospensione degli iscritti che non provvedano nel termine indicato.
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