17 ottobre 2018

Flat tax, eliminare paletti d’accesso per partite Iva

La richiesta di Miani per evitare gli effetti distorsivi che la norma potrebbe generare. Ad Agrigento le posizioni dei commercialisti su manovra, fisco e fatturazione elettronica. E due proposte per il Made in Italy: istituzione di un Albo per le imprese e rilancio dei cluster

Dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili

Flat tax, manovra di bilancio, riforma fiscale, fatturazione elettronica. Sono i temi sui quali si è concentrato il presidente dei Commercialisti italiani, Massimo Miani, nel corso del convegno nazionale “Commercialisti e imprese: un binomio per la crescita”, che si è svolto ad Agrigento l’11 e il 12 ottobre.

Miani ha espresso riserve sulla flat tax al 15% per le partite Iva perché sebbene le intenzioni che animano la norma siano condivisibili, essa rischia di produrre effetti distorsivi. “Ampliare a 65.000 euro il tetto di fatturato fino a cui è possibile rientrare nel regime forfetario dei minimi - ha spiegato Miani - è una scelta che evidenzia una più che apprezzabile volontà di attenzione nei confronti delle piccole partite IVA, ma non può essere considerato un primo passo della flat tax. L’ampliamento interessa una platea potenziale massima di 593.000 partite IVA individuali che andrebbero ad aggiungersi al milione circa che già se ne avvale dal 2015. Sui circa 40 milioni di contribuenti IRPEF, 593.000 significa poco più dell’1”.

I Commercialisti, quindi, raccomandano al Governo e al Parlamento di rimuovere i paletti di accesso alla disciplina che sono fattori di enorme distorsione soprattutto nel settore delle libere professioni.

Un’altra proposta arrivata da Agrigento è quella di esentare totalmente da imposizione per 15 anni i redditi da pensione per chi sposta la residenza al Sud. Si tratterebbe di una flat tax al 15% per 15 anni per tutti coloro che trasferiscono la propria residenza in Italia, dopo essere stati residenti all’estero in almeno nove degli ultimi dieci anni.

“Una norma come questa - ha affermato Miani - non porterebbe in Italia solo qualche Cristiano Ronaldo con interessi economici diffusi in tutto il globo, ma intere società con i relativi amministratori, collaboratori e dipendenti, tutti interessati ad avere redditi italiani tassati al 15%. Basti solo pensare alla City finanziaria di Londra e alle decine di migliaia di manager con stipendi a cinque e sei zeri il cui 15% costituirebbe comunque un importante aumento di entrate per l’Erario italiano che potrebbe essere utilizzato per abbassare le tasse a chi in Italia già c’è”.

Con la stessa logica, secondo i Commercialisti potrebbe essere concepita anche una norma che esenta totalmente da imposizione per 15 anni i redditi da pensione per tutti coloro che trasferiscono la propria residenza in Sicilia e nelle altre regioni del Mezzogiorno, dopo essere stati residenti all’estero in almeno nove degli ultimi dieci localizzazione negli Stati Uniti delle società che possiedono i fattori di produzione immateriali a più alto valore aggiunto come marchi, brevetti e know how.

Miani è poi passato a fare un’analisi dello scenario internazionale a partire dagli USA dove la riforma fiscale di Trump è una sfida sul versante della competizione fiscale tra Paesi mentre l’Italia è in una pericolosa terra di mezzo e di nessuno.

“Bisogna guardare con la massima attenzione a quanto sta accadendo a livello fiscale sullo scenario internazionale - ha spiegato - perché mentre noi ci concentriamo sui “minimi”, gli altri Paesi stanno invece concentrando tutti i propri sforzi sui “massimi”. Quello disegnato dagli Stati Uniti è un sistema fiscale concepito per attrarre i gruppi che operano nell’economia digitale e per favorire la e la risposta dell’Italia a queste dinamiche già in atto sono i “minimi” e generiche minacce di lotta alla evasione dei “grandi”, si rischia di andare completamente fuori strada rispetto ad obiettivi di crescita”.


Il presidente dei commercialisti ha concluso il suo intervento affrontando il tema della fatturazione elettronica e della sua obbligatorietà a partire dal 1° gennaio 2019. Miani ha chiesto una moratoria sulle sanzioni, definendola “il minimo sindacale che la politica dovrà concedere”. Moratoria che è arrivata da lì a poche ore con la scomparsa delle sanzioni per i primi sei mesi di applicazione della e-fattura, attraverso un correttivo alle norme sull’Iva previsto nella bozza di decreto legge fiscale collegato alla manovra di bilancio 2019.


La seconda giornata di lavori si è aperta con un dibattito sul Made in Italy, moderato da Achille Coppola e Giuseppe Laurino, consiglieri nazionali dei commercialisti delegati all’Attività d’impresa. Due le proposte lanciate: l’istituzione di un Albo per le imprese del Made in Italy ed il rilancio dei cluster.


“L’istituzione dell’Albo per le imprese del Made in Italy - ha affermato Achille Coppola - risponde all’esigenza di contribuire alla crescita e alla sostenibilità economica del Paese. L’Italia, infatti, ha un patrimonio culturale, turistico, della moda ed agrogalimentare che rappresenta una risorsa straordinaria per le imprese. Secondo la nostra proposta, le imprese interessate dovrebbero svolgere la propria attività nell’ambito della moda, del turismo, della cultura, dell’agroalimentare e in ogni altro settore in cui l’Italia eccelle, usufruendo di agevolazioni fiscali specifiche ed avere determinati requisiti”.


I Commercialisti si propongono quindi come interlocutori privilegiati nei confronti di un comparto così strategico per il futuro del Paese, non solo per gli aspetti contabili, fiscali o doganali, ma anche per accompagnare le imprese e gli altri operatori economici del settore nel rivedere i propri modelli di business. Per questo motivo, il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento Il Cluster Made in Italy, che rientra nel progetto Attività d’impresa del CNDCEC per il rafforzamento dei contenuti specifici della professione.


Nel corso del dibattito, si è parlato anche della necessità di rilanciare i Cluster, le infrastrutture permanenti per il dialogo tra università, enti pubblici di ricerca e imprese e tra centro e territori ai quali viene affidato il compito di ricomposizione di strategie di ricerca e Roadmap tecnologiche condivise su scala nazionale.


Il pomeriggio è stato dedicato al tema del lavoro al tempo della quarta rivoluzione industriale attraverso una tavola rotonda a cui ha partecipato Roberto Cunsolo, consigliere del CNDCEC delegato al Lavoro. Al centro della discussione il reddito di cittadinanza.


“In via di principio, la scelta politica orientata all’aiuto dei cittadini che ricadono incolpevolmente in uno stato di bisogno - ha affermato Cunsolo - e sono a rischio di esclusione dal mercato del lavoro non è criticabile, ma al contempo non possono essere, con senso di responsabilità, sottaciute le nostre preoccupazioni in ordine agli effetti collaterali generati dall’attuazione delle misure annunciate".

"Condividiamo le preoccupazioni di molti attori del mercato del lavoro che riguardano principalmente la possibilità che il reddito di cittadinanza possa disincentivare l’offerta di lavoro, di chi non lavora, perché ne accresce il reddito nello stato di non-occupazione, dei lavoratori a basso reddito beneficiari del reddito di cittadinanza, ad esempio i part-time o i temporanei, per i quali sussisterebbe un “effetto sostituzione” dovuto sia alla riduzione del beneficio per ciascun euro in più di reddito da lavoro sia a un’eventuale diversa tassazione di quest’ultimo rispetto al beneficio stesso. Senza dimenticare quei lavoratori che, in base al reddito da lavoro, non risulterebbero beneficiari del reddito di cittadinanza, ma che potrebbero accedervi riducendo la quantità di ore lavorate”.


“E’ nostro dovere essere realisti - ha proseguito Cunsolo - e non sottovalutare il contesto sociale nel quale questo tipo di misure è introdotto. Gli ultimi dati sull’economia sommersa diffusi dall’ISTAT stimano il lavoro irregolare in Italia al 4,7% del PIL, con un tasso di lavoro irregolare medio che si attesta al 13,3%. Secondo il rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, in occasione dello svolgimento dei controlli mirati al contrasto del fenomeno del lavoro sommerso nel corso del 2017, i lavoratori in nero complessivamente accertati sono stati 48.073 a fronte di 160.347 aziende ispezionate, ovvero un lavoratore in nero per ogni tre aziende ispezionate. I contributi complessivamente recuperati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ammontano a oltre un miliardo di euro e per l’esattezza ad € 1.100.099.932”.


In questo contesto, secondo i Commercialisti, ci sono concreti rischi di indebita percezione del reddito di cittadinanza. Il Governo ha annunciato l’irrigidimento del regime di condizionalità ed il potenziamento dei servizi per l’impiego, ma in tal senso le rassicurazioni non sembrano sufficienti, se si pensa che nei 501 centri per l’impiego diffusi in ambito regionale sono occupati complessivamente 7.934 dipendenti, di cui solo in Sicilia 1.737, ben al di sotto delle media degli stati europei che si distinguono per servizi pubblici all’impiego efficienti.


Cunsolo ha infine sottolineato i rischi applicativi del reddito di cittadinanza per i lavoratori impiegati nei settori merceologici non coperti dalla contrattazione collettiva o per quelli impiegati in aziende che non applicano alcun contratto collettivo di lavoro. “Anche in questo caso - ha concluso - non è difficile prevedere l’adozione di comportamenti utilitaristici che finiscano con lo scaricare il costo del lavoro sulla collettività”.
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