Il Gruppo Odcec Area Lavoro ha predisposto un documento con un ventaglio di proposte e modifiche da apportare al testo normativo del decreto legge 20 marzo 2014 n. 34, al fine di fornire il contributo dei Commercialisti alla promozione dell’occupazione.
Il testo del documento che può essere scaricato dal link
http://www.odcec.roma.it/images/file/2014_Informative/PROPOSTE%20SU%20DL%2034%202014.pdf oppure da Facebook “gruppoodcecarealavoro” è stato consegnato al Presidente della Commissione Lavoro della Camera per gli opportuni approfondimenti.
Si è provveduto ad analizzare i vari articoli del testo, individuando le motivazioni, le criticità, le proposte con gli emendamenti possibili; nel merito il Gruppo Area Lavoro condivide la previsione di incentivo all’uso del contratto a termine con lo snellimento delle ragioni giustificatrici, limitante però è certamente la percentuale del 20% come tetto massimo al numero delle assunzioni, seppur attenuato dalla possibilità lasciata ai CCNL stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi di modificare tali limiti quantitativi.
Probabilmente una percentuale più congrua sarebbe stata preferibile in questo momento di particolare indecisione occupazionale, visti i timidi segnali di ripresa che sembrano scorgersi all’orizzonte.
Si riscontra un’incongruenza nell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 1 quando viene citato “per le
imprese che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato”, mentre sempre si parla di datori di lavoro. Sarebbe iniquo pensare che uno studio professionale con ad esempio 2 dipendenti non possa stipulare contratti a termine, mentre una micro azienda sì.
Per quanto riguarda l’apprendistato, la modifica introdotta è parziale, in quanto il Governo si è limitato a eliminare l’obbligo della forma scritta del PFI, mentre la predisposizione di un piano formativo resta assolutamente obbligatoria e oggetto di possibile verifica da parte degli organismi preposti all’attività ispettiva. In merito, si segnala infatti che resta in vigore la disposizione dell’art. 7, comma 1 del D.Lgs. 167/2011 che prevede l’attività di vigilanza del personale ispettivo sulla regolare erogazione della formazione contenuta nel PFI.
Risulta dunque evidente l’incertezza della portata della norma: anche dopo la riforma, continuerà ad essere assai opportuno che il piano formativo sia predisposto in forma scritta, in quanto resta l’unico parametro di riferimento per la verifica della formazione erogata (come precisato dal Ministero del Lavoro, con la circolare 35/2013).
Le modifiche in tema di semplificazione del Durc di cui all’articolo 4 non sembrano al comma 1 aver avuto nella loro espressione una forma di chiarezza. La dicitura “
chiunque vi abbia interesse” sembra dare spazio a una platea di soggetti non meglio identificati che possono richiedere la verifica della regolarità contributiva; è necessario che il decreto richiamato al comma 2 (da emanarsi entro 60 gg), individui i soggetti e le casistiche ben precise per le quali è possibile richiedere la regolarità contributiva ai sensi dell’art.4 del decreto in oggetto, possibilmente riducendo le casistiche ai casi di appalti pubblici e/o affidamenti, richieste di sovvenzioni e agevolazioni, escludendo “altri usi” rimessi alla volontà discrezionale dei privati.
Sul comma 2 invece i Commercialisti si preoccupano del criterio di “verifica in tempo reale”, in quanto le attuali situazioni contributive su archivi non sempre in linea e comunque nella maggior parte dei casi, non in grado di supportare una lavorazione di regolarità contributiva online, senza generare errori fra tutti gli Enti coinvolti.
Il documento poi analizza ulteriori aspetti tecnici sulla consultazione degli archivi informatici e di come sia possibile verificarne le pregresse irregolarità nelle condizioni di tutela del lavoro e altro ancora, come la preoccupazione che ancora una volta non siano i professionisti ad accollarsi quegli oneri che non devono essere addossati alla finanza pubblica.
Il documento si chiude con una attenzione all’Organo legislativo rispetto ai contratti di solidarietà di tipo A la cui efficacia scade oltre il termine del 31/12/2015 sulla base di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legge Jobs Act prevedendo l’esigenza di una norma transitoria che risolvi la questione.