16 giugno 2021

Se la fattura elettronica è un flop “è colpa della privacy”

Le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, relative ai risultati di più di due anni di vigenza dell’obbligo generalizzato della fattura elettronica, ci colgono esterrefatti e avviliti.

In sostanza, gli effetti sperati ed evidentemente non conseguiti in termini di lotta all’evasione sarebbero da ricondursi alle rigorose norme sulla privacy, che impedirebbero all’amministrazione finanziaria di mettere le mani su una serie di dati dei cittadini che, per loro natura, sono protetti da un accesso indiscriminato e quindi non oggetto di controlli incrociati.

“Sin dagli inizi del progetto, ANC” afferma Marco Cuchel, presidente ANC “pur riconoscendo l’importanza del processo di digitalizzazione del Paese, ha evidenziato in più riprese come dal punto di vista dell’evasione, la fattura elettronica non sarebbe stata risolutiva in quanto, come è noto, quei soggetti che non emettono fattura avrebbero continuato a non farlo. Anche sugli ulteriori due obiettivi, posti a base per l’ottenimento della necessaria specifica autorizzazione europea da parte dello Stato Italiano, la semplificazione del sistema fiscale e la riduzione dei costi, avremmo molte perplessità, in quanto nulla di quello che era necessario fare su questo fronte è stato fatto: le LIPE, il reverse charge e lo split payment, solo per fare alcuni esempi, sono modalità ancora in vigore; dell’abbattimento dei costi poi, non abbiamo notizia, visto che lo sforzo collettivo richiesto ai cittadini per mettere in piedi il sistema è stato nell’ordine dei centinaia di milioni di euro, senza considerare il prezzo pagato dalle aziende e dagli intermediari per dotarsi di tutti gli strumenti necessari, a principale beneficio delle software house.”

Ora, dopo più di due anni di regime, l’evidente fallimento della fattura elettronica viene imputato non ad una inadeguatezza ma ad un diritto che, a nostro avviso, non può essere sacrificato sull’altare dell’efficienza dei controlli fiscali. La norma deve essere rispettata da tutti gli attori del sistema e mai a fase alterne, come abbiamo avuto modo, ad esempio, di verificare rispetto alla possibilità di accesso e conservazione del corpo centrale della FE attraverso la procedura di “consultazione”, oramai in perenne proroga per motivi del tutto evidenti, contrariamente a quanto precisato dal Garante Privacy in modo puntuale nelle sue ordinanze.

“Anziché rivendicare la necessità di accesso ad un sempre maggior numero di informazioni dei contribuenti, evidentemente ritenendo insufficienti le 161 banche dati ad oggi esistenti e i miliardi di informazioni presenti in Anagrafe Tributaria, sarebbe opportuno” prosegue Cuchel “dare una mano ai contribuenti, attraverso la precompilazione dei campi RS e RV relativi agli “aiuti Covid”, i cui dati, che non presentano alcun vincolo in termine di privacy, sono già in possesso della stessa Amministrazione, e rispetto ai quali non si ravvisa alcuna ragione plausibile perché siano chiesti nuovamente al contribuente, anche quando ciò risulta espressamente vietato dalla legge.”

“Questa sarebbe una operazione auspicabile” conclude Cuchel “invece di avventurarsi nell’impossibile operazione dell’elaborazione delle precompilate iva e redditi per i titolari di partita iva, che sarebbe fonte solo di ulteriore caos ed incertezza, senza alcun effettivo beneficio per i contribuenti.”.
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