25 marzo 2022

Dichiarazione fraudolenta: l’ex amministratore non è responsabile per le false fatturazioni

Autore: Maria Luisa Barone
Non risponde del reato previsto e punito dall’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, l’amministratore di una società che abbia dapprima registrato una fattura per operazioni, ma non ha successivamente presentato la dichiarazione perché cessato dalla suddetta carica. Così ha stabilito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9753/22, depositata in data 22.03.3022.

La pronuncia oggetto della presenta disamina, si concentra sul momento consumativo del reato contestato.

In particolare, è doveroso premettere che l’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000 punisce “chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria…”.

Trattasi del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti che si configura, pertanto, allorquando in dichiarazione sono indicati elementi passivi correlati all’uso predetto.

Da una mera interpretazione letterale della disposizione in oggetto, è facile evincere che la consumazione del reato si realizza con la presentazione della dichiarazione. L’utilizzo delle innanzi indicate fatture, infatti, deve obbligatoriamente trovare riscontro nella dichiarazione. In caso contrario, non si configura il delitto.

Si rammenta, infine, che il reato in parola richiede, quale elemento soggettivo, il dolo specifico, ossia la volontà di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

Il caso - Ad un ex amministratore di società veniva inflitta, dal Tribunale del Riesame, la misura cautelare dell’interdizione, per la durata di un anno, dall’esercizio della qualità di imprenditore commerciale e amministratore di società commerciali, poiché indagato per il reato ex art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000.

L’indagato impugnava tale statuizione mediante ricorso per Cassazione con il quale denunciava i vizi di violazione di legge e di motivazione sulla sussistenza del concorso nel reato.

A parere del ricorrente, il Giudicante era incorso in una macroscopica contraddizione, allorquando ha posto, a fondamento della propria decisione, la sentenza n. 1485/17. Quest’ultima, difatti, non poteva essere applicata al caso di specie, atteso che, è vero che l’indagato aveva annotato le fatture oggettivamente inesistenti, ma è altrettanto vero che successivamente era cessato dalla carica e, dunque, non aveva provveduto né alla presentazione della dichiarazione, né all’instaurazione di rapporti con il successivo amministratore, legale rappresentante.
Ebbene, gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso fondato.

Dopo avere effettuato una disamina sul concorso di reato o autore della condotta tipica, hanno ritenuto che il Tribunale del Riesame non abbia fatto applicazione corretta dei principi che governano la materia. In particolare ci si riferisce all’orientamento consolidato in base al quale “in tema di reati tributari, non risponde del reato di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, nemmeno a titolo di tentativo, l’amministratore di una società il quale, dopo avere acquisito e registrato una fattura per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore” (Cass. Pen. Sent. n. 23229/12).

E non è l’unica specificazione che hanno sollevato i Massimi Giudici.

Infatti, nel decidere il caso, si sono riportati alla sent. n. 52752/14, la quale ha così statuito:

“in tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli artt. 2 e 3 del D. Lgs. n. 74/2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale, nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento”.

Nel caso di cui si tratta era provata la cessione delle quote sociali e la contestuale consegna di tutta la documentazione della società al nuovo amministratore che aveva provveduto a presentare la dichiarazione.

Autore della condotta tipica, circostanza su cui era chiamato a giudicare il Tribunale del Riesame, pertanto, non poteva considerarsi l’ex amministratore.

Sulla scia di tali considerazioni, i Giudici di Piazza Cavour hanno disposto l’annullamento con rinvio della pronuncia impugnata.

Osservazioni - La pronuncia in commento, conferma l’obbligo di vigilanza e l’elevato grado di responsabilità che è tenuto ad osservare colui che accetta la carica di amministratore.

Sotto tale profilo, è bene segnalare la sent. n. 42897/18, che seppur avente ad oggetto il giudizio per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha stabilito come “la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso (l’amministratore di diritto) doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino”.
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