4 maggio 2022

La cartella notificata al familiare si presume conosciuta

Autore: Paola Mauro
Qualora la notifica della cartella di pagamento sia avvenuta a mani di un familiare dichiaratosi convivente, deve presumersi che l'atto sia giunto a conoscenza del destinatario, restando a carico di quest'ultimo l'onere di provare il contrario, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche che indichino una diversa residenza del consegnatario del piego.

È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 4160/2022 della Corte di Cassazione (Sez. L), in tema di notificazione della cartella esattoriale eseguita direttamente mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai sensi dell'art. 26, comma 1, seconda parte, del D.P.R. n. 602 del 1973.

Il caso - Il giudizio nasce dall’impugnazione di un’iscrizione ipotecaria per il mancato pagamento di contributi previdenziali.

Il Giudice di secondo grado (la Corte d’Appello di Palermo), ha confermato il provvedimento del Concessionario della riscossione, ritenendo che l’iscrizione fosse stata preceduta dalla valida notifica delle cartelle esattoriali, in quanto eseguita a mani di familiari qualificatisi come conviventi, e non essendo sufficiente, per dimostrare il contrario, la produzione da parte del debitore di un certificato anagrafico attestante la diversa residenza dei consegnatari e la prova testimoniale in ordine al difetto di convivenza.

Ebbene, la controversia è approdata davanti ai giudici della Suprema Corte che, se da un lato hanno condiviso la decisione impugnata per quanto riguarda la validità della notifica delle cartelle esattoriali in questione, dall’altro hanno rilevato la violazione degli artt. 50, comma 2, e 77 del D.P.R. n. 602/1973, laddove il Collegio palermitano ha ritenuto infondata l'eccezione relativa alla mancata notifica di avvisi bonari anteriormente all'iscrizione ipotecaria.

Presunzione di conoscenza - Gli Ermellini hanno evidenziato che la cartella esattoriale può essere notificata anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

In tal caso, ai sensi del D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39 e del D.M. 1 ottobre 2008, artt. 20 e 26, è sufficiente, per il perfezionamento della notifica, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz'altro adempimento, ad opera dell'Ufficiale postale, se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione firmi il registro di consegna della corrispondenza e l'avviso di ricevimento da restituire al mittente.

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità ha anche affermato che «pur se manchino nell'avviso di ricevimento le generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l'atto è comunque valido poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell'ufficiale postale, assistito dall'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 cod. civ., ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata (v. Cass. nn. 946, 6753 e 19680 del 2020 ed ivi ulteriori precedenti)».

La consegna del piego raccomandato a mani di familiare dichiaratosi convivente con il destinatario determina, quindi, la presunzione che l'atto sia giunto a conoscenza dello stesso, mentre il problema dell'identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell'atto, con conseguente onere della prova contraria a carico del destinatario; «tale prova, peraltro, non può essere fornita mediante la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una diversa residenza del consegnatario dell'atto, in quanto siffatte risultanze, aventi valore meramente dichiarativo, offrono a loro volta una mera presunzione, superabile alla stregua di altri elementi idonei a evidenziare, in concreto, una diversa ubicazione della residenza effettiva del destinatario (Cass. nn. 632 del 2011, 24852 del 2006 e 22607 del 2009)».

Nel caso di specie, pertanto, secondo gli Ermellini, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto la validità della notifica così come effettuata e onerato il destinatario della prova della mancata ricezione.

Necessità del contraddittorio endoprocedimentale - Invece i Massimi giudici hanno censurato la sentenza impugnata in ordine alla mancata instaurazione del contraddittorio preventivo con il debitore, in quanto – si riporta testualmente - «la Corte di merito non si è conformata all'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte, sentenza n. 19667 del 2014, secondo cui, in tema di riscossione coattiva delle imposte, l'Amministrazione finanziaria prima di iscrivere l'ipoteca su beni immobili ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nella formulazione vigente ratione temporis), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine - che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dall'art. 77, comma 2-bis, del medesimo d.P.R., come introdotto dal dl 14 maggio 2011, n. 70, conv. con modif. dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), in trenta giorni - per presentare osservazioni o effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l'omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell'iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell'ipoteca l'iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d'illegittimità (cfr. Cass. nn. 23875, 25954 del 2015; Cass. nn. 5577, 15487 del 2019; da ultimo, Cass. n. 36490 del 2021)».

Il rinvio - In conclusione, i Massimi giudici hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d'Appello di Palermo, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio limitatamente al motivo accolto.
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