22 settembre 2022

Sostituzione dello Studio di settore. No al rinnovo del contraddittorio

Cassazione tributaria, sentenza depositata il 21 settembre 2022

Autore: Paola Mauro
L’avviso di accertamento può risultare valido anche laddove l’Amministrazione finanziaria, in accoglimento delle osservazioni svolte dal contribuente, abbia cambiato lo Studio di Settore originariamente applicato, senza poi rinnovare il contraddittorio endoprocedimentale.

È quanto emerge dalla lettura della sentenza n. 27554/2022 della Corte di Cassazione (Sez. V civ.), depositata il 21 settembre, che enuncia un nuovo principio di diritto.

Il caso - Molto in breve, alla Società contribuente sono stati contestati maggiori ricavi in applicazione dello Studio di settore TD2OU, ma l’Ufficio, nella fase del contraddittorio procedimentale, ha riconosciuto la maggiore aderenza dell’attività d’impresa allo Studio TD36U, riducendo, di conseguenza, il valore dello scostamento inizialmente determinato, sulla scorta del quale è stato poi emesso e notificato l’atto impositivo.

Ebbene, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, a conferma della decisione di prime cure, ha annullato il recupero a tassazione in questione, sul presupposto che l’Amministrazione finanziaria aveva omesso di garantire un nuovo contraddittorio dopo la sostituzione dello Studio di settore applicato originariamente.

La C.T.R. ha inoltre escluso la presenza di gravi incongruenze che giustificassero la determinazione induttiva dei ricavi.

A questo punto, in forza del ricorso per cassazione proposto dalla Difesa erariale, la parola è passata ai giudici di legittimità, il cui verdetto è stato solo parzialmente favorevole alla parte pubblica.

I rilievi della Suprema Corte - Gli Ermellini hanno ricordato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli Studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standard” in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell'accertamento (Cass. civ. Sez. Un. n. 26635/2009).

La fase del contraddittorio endoprocedimentale assume dunque un ruolo centrale, perché dalla sua mancata instaurazione consegue - come detto sopra - la nullità dell’atto impositivo.

Ora, nella vicenda in esame il contraddittorio è stato regolarmente instaurato, ma in tale fase, una volta esaminate le ragioni addotte dalla contribuente, l’Amministrazione ha sostituito lo Studio di settore originariamente applicato con un altro, ritenuto più coerente con l’attività economica esercitata.

Pertanto, la sostituzione dello Studio è avvenuta su accordo delle parti, il che ha fatto ritenere agli Ermellini non necessario riprendere “da zero” il contraddittorio e, quindi, di rimettere tutto in gioco.

Più precisamente, la Suprema Corte ha escluso che il contraddittorio dovesse proseguire, non avendo la contribuente dimostrato che la sostituzione del parametro di Studio originariamente applicato avesse modificato le premesse con cui esaminare i rilievi già formulati, o anche quelli ulteriori originati dal nuovo Studio.

Di conseguenza, i Massimi giudici hanno accolto sul punto il ricorso erariale, con enunciazione del seguente principio di diritto:
  • «qualora l’amministrazione finanziaria, all’esito di un contraddittorio endoprocedimentale correttamente instaurato, proceda alla sostituzione dello studio di settore originariamente applicato, non occorre rinnovare per l’intero il contraddittorio. Questo può solo eventualmente proseguire se il contribuente, anche formulando ulteriori osservazioni conseguenti all’applicazione del nuovo studio di settore, dimostri che siano mutati gli elementi da sottoporre al confronto tra le parti».
La statuizione della sentenza impugnata è stata, comunque, confermata dal Collegio di legittimità, sul rilievo che la C.T.R. ha accertato l’assenza di un gravi incongruenze.

Ricordano, in proposito, i Massimi giudici che il mero scostamento non è sufficiente ai fini dell’avvio della procedura di accertamento induttivo basato sugli Studi di settore.

Sotto questo profilo il ricorso erariale è stato quindi respinto, con addebito delle spese processuali alla ricorrente Agenzia delle Entrate.
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