13 settembre 2018

Nuovo regime forfetario: flat tax e valutazioni di convenienza

A cura di Nicola Forte

La Manovra 2019 si appresta a “potenziare” il regime forfetario previsto per professionisti ed imprese individuali, ed introdotto dalla legge n. 190/2014. Se la novità sarà confermata, tutti saranno chiamati entro fine anno ad uno sforzo per valutare la convenienza della nuova opportunità.

Non sarà possibile effettuare una valutazione comune ad ogni contribuente, in quanto dovrà essere verificata la propria posizione personale. Tuttavia, alcune considerazioni generali potranno rappresentare un utile punto di riferimento per le prime valutazioni.

La previsione delle tre aliquote e l’ammontare dei ricavi e compensi

La legge di Bilancio 2019 dovrebbe prevedere un duplice intervento. Oltre all’aliquota del 5%, che sarà sicuramente confermata per le start up, cioè i contribuenti che avviano una nuova attività, dovrebbe essere prevista la nuova aliquota del 20%. Inoltre, l’aliquota già applicabile del 15% dovrebbe riguardare i contribuenti che hanno conseguito ricavi o compensi per un importo non superiore a 65.000 euro.

In buona sostanza, fino alla fascia di 65.000 euro si applicherà la “vecchia” aliquota del 15%, sulla parte eccedente, fino a 100.000 euro, si applicherà la nuova aliquota del 20%. Le aliquote dovranno però essere applicate al reddito. Conseguentemente i contribuenti dovranno effettuare una duplice applicazione del coefficiente di redditività nel caso in cui l’ammontare dei ricavi o dei compensi risulti superiore al limite di 65.000 euro. Ciò in quanto l’aliquota del 20% troverà applicazione solo sulla porzione di reddito determinabile applicando il coefficiente di redditività all’ammontare superiore al predetto limite di 65.000 euro.

In base alle disposizioni attualmente in vigore, i professionisti possono fruire del regime forfetario se l’ammontare dei compensi non risulta superiore a 30.000 euro. Gli imprenditori individuali sono ammessi al beneficio del forfait a seconda dell’ammontare dei ricavi. Il limite è diversificato per tipologia di attività. Attualmente il limite non può essere superiore a 50.000 euro. La novità dovrebbe prevedere l’incremento del limite fino a 100.000 euro. Sarà però necessario verificare se continueranno ad essere individuati limiti diversificati a seconda della tipologia di attività.

Il possesso di altri redditi

Si consideri il caso in cui il contribuente percepisca nel periodo di imposta 2019 compensi per un importo pari a 35.000 euro. In questo caso, pur avendo il professionista superato il precedente limite di 30.000 euro potrà continuare ad applicare il regime forfetario. In questo caso la scelta potrebbe essere molto conveniente, in quanto il possesso di altri redditi derivanti, ad esempio, dalla locazione di un immobile, consentirà al contribuente di conservare il diritto ad applicare le eventuali detrazioni per gli oneri dovuti alle spese mediche. Inoltre, non si verificherà il cumulo tra le due categorie di redditi e la circostanza risulterà già di per sé idonea a determinare una riduzione degli oneri fiscali. Si consideri la seguente situazione:
  • Compensi: € 35.000 x 78% coefficiente di redditività Reddito = € 27.300
  • canone di locazione: € 10.000 euro – riduzione forfetaria 5% = Reddito netto € 9.500
  • spese mediche detraibili al netto della franchigia: € 5.000 X 19% = Detrazione € 950

Le imposte complessivamente dovute possono essere così calcolate:
  • Tassazione forfetaria: € 27.300 X 15% = Imposta sostitutiva € 4.095
  • Tassazione ordinaria canone di locazione: € 9.500 X 22% (corrispondente al primo scaglione Irpef, ed ipotizzando la riduzione dell’aliquota di 1 punto percentuale, dal 23 al 22 per cento, che dovrebbe prevedere la Manovra) = € 2.090
  • Detrazioni per spese mediche: € 950 euro
  • IRPEF netta = € 1.140
  • Tassazione complessiva = € 4.095 + € 1.140 = € 5.235

In questo caso la scelta del regime forfetario sembra essere molto conveniente in quanto non solo si evita il cumulo dei due redditi, ma è possibile scomputare le detrazioni per spese mediche dall’IRPEF lorda. Infatti i canoni di locazione sono sottoposti a tassazione ordinaria.

In realtà questa indicazione non è vera in assoluto, in quanto la convenienza all’applicazione del forfait si pone anche in relazione diretta rispetto alla struttura dei costi del professionista. L’applicazione del coefficiente di redditività vuol significare, in pratica, che i costi forfetari sono pari al 22%, quindi ammontano a € 7.700. Conseguentemente, se l’ammontare dei costi effettivi fosse sensibilmente superiore a tale importo potrebbe essere più conveniente uscire dal forfait applicando i criteri ordinari.

La scelta della tassazione ordinaria

Si riprendano i dati dell’esempio precedente, ipotizzando una possibile struttura dei costi del professionista. Si consideri ad esempio il caso in cui l’esercente arte e professione abbia sostenuto costi inerenti all’attività per un importo pari a € 31.000. In questo caso il reddito professionale netto risulterebbe pari a € 4.000, che sommato ai canoni di locazione dell’immobile dà luogo ad un reddito complessivo pari a € 13.500. Il contribuente rientra nel primo scaglione IRPEF la cui aliquota è comunque pari al 22% avendo già ipotizzato la riduzione dell’IRPEF di un punto percentuale. Il prelievo complessivo ammonta a € 2.970 euro e considerando in detrazione le spese mediche l’IRPEF netta ammonta a € 2.020, cioè un importo sensibilmente inferiore a € 5.235 dovuto nel caso in cui sia stato scelto il regime forfetario.

L’IRAP non è dovuta per effetto dell’applicazione della deduzione prevista dalla legge e le addizionali comunali e regionali non fanno venire meno il vantaggio conseguente alla tassazione ordinaria. La valutazione, però, deve essere effettuata caso per caso e non è possibile individuare una soluzione valida per ogni contribuente.
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