14 settembre 2012

E-mail offensive ai superiori. Legittimo il licenziamento

Sussiste il presupposto di licenziamento qualora il dipendente invii e-mail offensive ai dirigenti della propria azienda

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – É legittimo licenziare il lavoratore che inoltra intenzionalmente delle e-mail a contenuto diffamatorio ai dirigenti della propria azienda. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza 7 settembre 2012, n. 14995.

La vicenda – La vicenda riguarda un lavoratore che era stato demansionato ed emarginato nel contesto lavorativo in cui operava, cosa che aveva provocato la sua reazione, manifestatasi attraverso l'invio di una missiva per posta elettronica ai propri superiori il cui contenuto era stato indicato come motivo del suo licenziamento. Adducendo l’illegittimità del licenziamento per giusta causa, il lavoratore ricorrere innanzi al Tribunale chiedendo oltre alla reintegra nel posto di lavoro anche il pagamento delle retribuzioni per il periodo in cui non ha potuto prestare la propria attività lavorativa.

La sentenza - La Corte d’Appello, però, ha rigettato la domanda, precisando che il licenziamento può ritenersi giustificato in ragione del contenuto offensivo delle frasi trasmesse per posta elettronica e dalla volontà stessa del lavoratore di trasmetterle. Inoltre, secondo i giudici d’Appello, non emergeva alcun intento persecutorio della società, ma il demansionamento appariva ascrivibile a una condotta dell'azienda che, seppur censurabile, era dovuta più a una difettosa organizzazione aziendale. Pertanto, si escludeva la sussistenza del "mobbing" e di conseguenza si dichiarava il comportamento del lavoratore inescusabile. La Corte d'Appello, tra l’altro, aveva evidenziato il contenuto offensivo del messaggio e la sua diffusione tra più persone che non erano solo i diretti destinatari, fatto che aveva giustificato la sanzione espulsiva come proporzionata alla gravità delle espressioni usate che travalicavano certamente il diritto di cronaca e che erano teoricamente riconducibili a fattispecie penali, quali l'ingiuria e la diffamazione. La Suprema Corte, dunque, non poteva fare altro che confermare i giudizi di I° e II° grado, dichiarando legittimo il licenziamento del lavoratore demansionato in ragione dei contenuti diffamatori inviati tramite mail al suo superiore, laddove questi è capace di intendere e volere e si rende, quindi, conto della gravità delle sue accuse.
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