6 agosto 2016

VI Rapporto Annuale: i migranti nel mercato del lavoro

Autore: DANIELE BONADDIO
La Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con la Direzione Generale dei Sistemi Informativi, dell'innovazione tecnologica e della comunicazione, l'INPS, l'lNAIL, Unioncamere, e con il coordinamento di Italia Lavoro, hanno presentato la sesta edizione del Rapporto "I migranti nel mercato del lavoro in Italia".

L'analisi, in particolare, conferma l'inversione dei trend occupazionali che hanno caratterizzato il mercato del lavoro degli ultimi anni. I dati del 2015 registrano, secondo i dati ISTAT, una crescita del numero degli occupati comunitari (+34.300 circa) e non comunitari (+30.650 circa). Si tratta di una netta discontinuità rispetto a quanto avvenuto negli anni interessati dalla crisi economica: ora, infatti, tutte le componenti osservate presentano andamenti positivi.

Tali trend sono confermati dai dati amministrativi (SISCO–Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie): nel 2015, per i cittadini migranti si rileva un volume di rapporti di lavoro attivati, ovvero di assunzioni, pari a 1.969.635 unità (circa il 20% del totale dei contratti stipulati), di cui 782.953 hanno interessato lavoratori comunitari e 1.186.682 non comunitari. Rispetto al 2014, si osserva una variazione positiva pari a +0,6% per gli UE e a +4,7% per i non UE, a fronte di un +4,1% del numero di rapporti che hanno interessato i lavoratori italiani.

A darne notizia è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con un comunicato stampa diffuso il 20 luglio scorso.

Riassorbimento della disoccupazione - Simmetricamente alla crescita dell'occupazione e della domanda di lavoro, si ravvisano segnali di riassorbimento della disoccupazione. Tra il 2014 e il 2015 si osserva in ISTAT un decremento del numero di persone in cerca di occupazione: dalle 465.695 del 2014 alle 456.115 del 2015, con una diminuzione della componente non UE (-2,8%) e di quella italiana (-7%).

Persistente è l'aumento dell’inattività, legato alla crescita del fenomeno tra la componente femminile, in particolare di origine non comunitaria. Gli inattivi non UE crescono di circa 20 mila unità (+2,2%) e gli UE di circa 10 mila unità (+3,1%).

Segmentazione professionale - La segmentazione professionale dei lavoratori migranti, impiegati prevalentemente con profili esecutivi, è confermata dai dati del 2015: la quasi totalità dei lavoratori comunitari e non comunitari svolge un lavoro alle dipendenze e poco meno dell'80% è impiegato con la qualifica di operaio. Lo 0,9% degli occupati stranieri ha una qualifica di dirigente o quadro, a fronte del 7,6% degli italiani.

L'asimmetria tra livello di istruzione e impieghi svolti è un altro elemento che caratterizza i migranti nel mercato del lavoro italiano, seppur con differenze significative tra le cittadinanze; la quota di lavoratori UE e non UE laureati impiegati con mansioni di basso livello è pari, rispettivamente, al 6,1% e all'8,4% dei totali di riferimento, a fronte dell'1,3% degli italiani.

Famiglie straniere - La quota di famiglie straniere in una condizione di forte criticità materiale è molto alta. Nel 2015 è possibile stimare un numero di famiglie di soli cittadini stranieri senza alcun percettore di reddito/pensione da lavoro pari a 263.317 unità. Si tratta del 15,5% dei nuclei composti di soli cittadini comunitari e del 14,1% dei nuclei composti di soli cittadini non comunitari. Nella medesima condizione di criticità si trova il 7,6% delle famiglie italiane.

Il quadro della condizione occupazionale dei cittadini stranieri è dunque composito. Al di là dei segnali positivi (espansione dell'area dell'occupazione e contestuale riduzione della disoccupazione), permangono alcuni nodi critici. Tra questi, l'inconciliabilità tra chance occupazionali legate a mansioni esecutive poco remunerate e l'inevitabile crescita del salario di riserva, dovuto all'allungamento dei periodi di permanenza e/o al consolidarsi della presenza di giovani con background migratorio ("seconde generazioni"); l'ancora ridotta partecipazione al sistema dei servizi per l'impiego e delle politiche attive (il 36,8% dei disoccupati stranieri non ha mai contattato un servizio pubblico per l'impiego); l'inattività femminile che interessa in maniera considerevole alcune specifiche comunità; le strutture familiari profondamente eterogenee da comunità a comunità, che determinano modalità diverse di partecipazione al mercato del lavoro.
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