La ripresa post-Covid ha visto una crescita dinamica dell’
occupazione in Italia, trainata dalla digitalizzazione e da una crescente domanda di
competenze specializzate. Tuttavia, questo scenario positivo rischia di essere compromesso dal calo demografico che sta riducendo l’offerta di lavoro.
Secondo l’Istat, entro il 2030 la popolazione in età lavorativa scenderà a 36,3 milioni, con una perdita di oltre 5 milioni di persone entro il 2040 (-13,5%). Se i
tassi di occupazione resteranno invariati, ciò potrebbe tradursi in oltre 3 milioni di occupati in meno.
La replacement demand (domanda di sostituzione per pensionamenti) rappresenterà l’80-90% del fabbisogno lavorativo entro il 2028, specie nei settori pubblico, sanitario e industriale. Allo stesso tempo, le
imprese faticano sempre più a trovare personale: la quota di profili difficili da reperire è salita dal 25,6% (2019) al 48,2% (2024).
Persistono forti
gap tra
competenze offerte e richieste, soprattutto nei settori tecnici. Le professioni più difficili da reperire oggi sono gli operai specializzati e i conduttori di impianti, seguite da figure legate all’installazione e manutenzione.
L’Italia ha uno dei più bassi tassi di partecipazione giovanile in Europa (24,7% contro 41,1% media UE), con oltre 4 milioni di giovani inattivi. Anche le
donne restano sottorappresentate nel
mercato del lavoro, frenate soprattutto da responsabilità familiari e carenza di servizi di supporto.
La debole crescita del
tasso di attività (+0,9 punti dal 2019 al 2024) segnala una rigidità dell’offerta di lavoro, nonostante l’aumento dell’occupazione. Per invertire la tendenza è necessario:
- investire in formazione tecnica e professionale;
- rafforzare i percorsi scuola-lavoro e i programmi di apprendistato;
- ampliare i servizi di cura e le politiche familiari per favorire l’occupazione femminile;
- promuovere incentivi e sostegni economici per rendere il lavoro accessibile e sostenibile.