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Nel 2024 l’economia italiana è cresciuta moderatamente, meno di Francia e Spagna, mentre la Germania è entrata in recessione per il secondo anno. Inizio 2025 segnato da incertezza per i rischi legati alle politiche commerciali USA.
I Consulenti del Lavoro, però, evidenziano che l’inverno demografico minaccia la competitività dell’Italia: entro il 2040 si perderanno oltre 3 milioni di lavoratori, mettendo a rischio i progressi occupazionali raggiunti nel 2024 grazie a politiche del lavoro più efficaci e proattive.
Il Report “Rendere la sfida demografica sostenibile” elaborato dal Centro Studi dei Consulenti del Lavoro e presentato durante il Festival del Lavoro che si sta svolgendo in questi giorni a Genova fa emergere il problema dell’inverno demografico.
Secondo le elaborazioni effettuate partendo dalle proiezioni demografiche dell’Istat, ci sarà un forte calo della popolazione in età lavorativa (15-64 anni), con una riduzione stimata di 1,17 milioni di persone entro il 2030 e oltre 5 milioni entro il 2040. Questo trend è destinato a incidere negativamente sui livelli occupazionali e sulla crescita economica del Paese.
Nel contesto della ripresa economica post-Covid, il mercato del lavoro italiano ha registrato importanti segnali di miglioramento, con un incremento significativo dell’occupazione giovanile, femminile e degli over 50. Tra i principali beneficiari di questa crescita ci sono i giovani tra i 15 e i 34 anni: il tasso di occupazione è passato dal 41,7% nel 2019 al 44,9% nel 2024, con un aumento ancora più marcato nella fascia 25-34 anni, dal 62,7% al 68,7%.
Parallelamente, si è ridotto il numero dei Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione), la cui incidenza sul totale è calata dal 23,6% nel 2019 al 17,3% nel 2024, segnando un netto miglioramento dell’inclusione lavorativa delle nuove generazioni.
Anche l’occupazione femminile in Italia ha raggiunto livelli record, con un tasso in crescita dal 50,2% al 53,3% tra le donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni, pari a un incremento di +3,1 punti percentuali in cinque anni.
Importanti progressi si registrano anche per i lavoratori over 50, grazie sia al progressivo innalzamento dell’età pensionabile sia a una maggiore inclusività del mercato del lavoro verso le figure senior. Tra i 50-54enni, il tasso di occupazione è salito dal 72,4% al 75,6%, mentre nella fascia 55-59 anni si è passati dal 65,2% al 69,4%.
Questi risultati sono stati sostenuti da una domanda di lavoro in forte espansione, alimentata dalla trasformazione digitale e tecnologica in atto, che ha generato un crescente bisogno di competenze specializzate per accompagnare il cambiamento.
La ripresa post-Covid ha visto una crescita dinamica dell’occupazione in Italia, trainata dalla digitalizzazione e da una crescente domanda di competenze specializzate. Tuttavia, questo scenario positivo rischia di essere compromesso dal calo demografico che sta riducendo l’offerta di lavoro.
Secondo l’Istat, entro il 2030 la popolazione in età lavorativa scenderà a 36,3 milioni, con una perdita di oltre 5 milioni di persone entro il 2040 (-13,5%). Se i tassi di occupazione resteranno invariati, ciò potrebbe tradursi in oltre 3 milioni di occupati in meno.
La replacement demand (domanda di sostituzione per pensionamenti) rappresenterà l’80-90% del fabbisogno lavorativo entro il 2028, specie nei settori pubblico, sanitario e industriale. Allo stesso tempo, le imprese faticano sempre più a trovare personale: la quota di profili difficili da reperire è salita dal 25,6% (2019) al 48,2% (2024).
Persistono forti gap tra competenze offerte e richieste, soprattutto nei settori tecnici. Le professioni più difficili da reperire oggi sono gli operai specializzati e i conduttori di impianti, seguite da figure legate all’installazione e manutenzione.
L’Italia ha uno dei più bassi tassi di partecipazione giovanile in Europa (24,7% contro 41,1% media UE), con oltre 4 milioni di giovani inattivi. Anche le donne restano sottorappresentate nel mercato del lavoro, frenate soprattutto da responsabilità familiari e carenza di servizi di supporto.
La debole crescita del tasso di attività (+0,9 punti dal 2019 al 2024) segnala una rigidità dell’offerta di lavoro, nonostante l’aumento dell’occupazione. Per invertire la tendenza è necessario: