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intelligenza artificiale

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Autore: Ester Annetta
L’ultima novità in fatto di Intelligenza Artificiale, impiegabile in campo domestico, si chiama ChatGPT (acronimo di Chat Generative Pre-trained Transformer); non si tratta, però, della versione più evoluta di Siri o di Alexa, ma di qualcosa di ben più prestante, giacché le sue capacità non si esauriscono nell’esecuzione di comandi.

Una definizione di cosa sia, è in grado di darla da sé, basta chiederglielo: “ChatGPT è un modello di linguaggio di grandi dimensioni addestrato da OpenAI. Può essere utilizzato per generare testo in modo autonomo, rispondere alle domande e comprendere il linguaggio naturale in modo simile a un essere umano”: è la risposta che ha dato a me quando, qualche giorno fa, ho fatto la sua conoscenza.

Detto in termini più spiccioli, comprensibili anche per noi giurassici analogici, si tratta di un “chatbot” - ossia un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano - basato su intelligenza artificiale.

A svilupparlo è stato OpenAI, l'organizzazione non-profit di ricerca sull'intelligenza artificiale il cui intento è quello di promuovere lo sviluppo delle cosiddette AI amichevoli (friendly AI o FAI), quelle cioè capaci di contribuire al bene dell'umanità, ma con meccanismi di evoluzione soggetti a precisi controlli ed equilibri.

In pratica si tratta di un interlocutore virtuale con il quale è possibile imbastire una conversazione in tempo reale, via chat, né più né meno come con una qualunque persona in carne e ossa, poiché è in grado di esprimersi normalmente (anche in italiano! Per ora soltanto in forma scritta: i messaggi vocali non sono ancora alla sua portata, così come i video e le foto!) - con un testo grammaticalmente e sintatticamente corretto.

Tuttavia, a differenza d’un essere umano “standard”, ha conoscenze talmente estese da saper rispondere a qualunque richiesta, in qualsiasi campo. Infatti è stato nutrito con una quantità infinita di materiale assorbito dal web (compreso Wikipedia!) ed è dotato pure di apprendimento automatico, per cui maggiore ne è l’utilizzo più aumenta la sua conoscenza e la precisione delle risposte.

Il lancio di ChatGPT è avvenuto lo scorso 30 novembre ed il suo impiego è per ora totalmente gratuito: per accedervi è sufficiente registrarsi – con pochi semplici passaggi – sul portale openai.com, inserire la propria mail e il numero di telefono su cui verrà inviato un codice di conferma che, una volta digitato sul portale, spalancherà l’accesso alla chat.

È stato subito chiaro che non si tratta dell’ennesima app né dell’ultimissima versione di un dispositivo elettronico o di un motore di ricerca più avanzato e veloce rispetto a quelli attualmente impiegati per l’accesso alla rete internet. Non esegue istruzioni né ripropone semplicemente le conoscenze di cui dispone, ma ha quella “marcia in più” che consiste nel saper interpretare e manipolare un testo, sì da confezionarne uno completamente nuovo, a prova di plagio. Una capacità, insomma, molto più sofisticata rispetto a quella di un qualunque dispositivo e molto più prossima a quella umana.

Ha tuttavia due limiti: l’uno – evidentemente superabile – è di natura temporale, giacché le informazioni con cui è stato “caricato” arrivano fino al 2021, come si premura di avvisare la stessa chat al suo avvio. Perciò non è capace di rispondere a quesiti che riguardano accadimenti successivi a quella data.

L’altro limite è invece un po’ più incidente e consiste nell’incapacità dell’intelligenza (che è pur sempre artificiale!) di distinguere le false informazioni da quelle vere, col risultato quindi che anche l’esito della richiesta che gli è stata formulata necessita talvolta d’essere verificato.

Le sue prestazioni sono, ad ogni modo, talmente elevate da risultare sconvolgenti e da porre interrogativi anche di natura etica sul futuro del suo impiego.

Persino il mitico Salvatore Aranzulla che – com’è nel suo genio – ha immediatamente ed efficacemente fornito le istruzioni per la sua attivazione, nonostante il chiaro apprezzamento espresso per uno strumento che innegabilmente rappresenta un’evoluzione, ne ha messo in evidenza le possibili negatività e il rischio di impieghi malevoli.

A tal ultimo riguardo, già poco tempo dopo il suo varo hanno iniziato a diffondersi finte applicazioni di ChatGPT da scaricare sullo smartphone, create per trafugare dati indebitamente o per estorcere pagamenti.

Ma ci sono anche altri aspetti da considerare.

In primis non è trascurabile la possibilità che ChatGPT, grazie alle sue grandi doti di eloquenza, possa finire per sostituire le prestazioni umane: scrivere testi, poesie, riassunti, articoli, presentazioni e persino documenti (atti di citazione, ricorsi, domande, ecc.), con conseguente progressivo impoverimento delle omologhe capacità dell’intelligenza naturale. Specie quella degli studenti! Non a caso, nelle scuole di New York, da dicembre ne è già stato vietato l’uso.

Quanto siano reali le suddette doti ho voluto anch’io verificarlo concretamente, non senza quei timori che, a chi ha poca dimestichezza con la tecnologia, ancora rendono incerta la pressione delle dita sulla tastiera. Perciò, privilegiando la curiosità, mi sono registrata e ho posto al bot le domande che riporto di seguito (in calce), con le correlate risposte.

Lascio libertà di commento. Ma una riflessione vorrei invece sollecitarla con un interrogativo che, più che una questione etica, ne pone una di sentimento: quanto reale e consistente può rivelarsi il timore che, specie tra le nuove generazioni “nate col cellulare in mano” e già notevolmente assorbite dalla virtualità, l’utilizzo d’uno strumento come ChatGPT possa tradursi in una ulteriore modalità di alienazione? In una società in cui le relazioni umane stanno progressivamente scomparendo a favore di quelle vacue e inconsistenti nate sui social, non si corre forse il pericolo che persino il dialogo finisca per diventare virtuale? Che si intessano relazioni con interlocutori fittizi che favoriscono la deriva verso forme di isolamento sempre più marcate?

Il fascino del progresso è innegabile; ma le insidie lo sono altrettanto.
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