16 novembre 2018

La tassazione Irap per il commercialista sindaco o revisore

Autore: Giovambattista Palumbo
Il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e/o sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività, se adempie alla funzione senza ricorrere all’autonoma struttura organizzativa dello studio professionale.

Il caso – La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 28396 del 07/11/2018, ha chiarito il trattamento Irap per i commercialisti che svolgano anche funzioni di sindaco o revisore.
Nel caso di specie, il contribuente, dottore commercialista, impugnava l’avviso di accertamento relativo ad IRAP per l'anno 2004.
La CTP respingeva il ricorso e la CTR rigettava l'appello, confermando integralmente la decisione di primo grado.
In particolare, il Giudice di appello riteneva che il contribuente non avesse provato l'esistenza di un'attività di professionista non organizzato, svolta in assenza di organizzazione di capitali o di lavoro altrui, e che, al contrario, il presupposto impositivo, dato dalla presenza di lavoro altrui, era ulteriormente rinforzato in virtù del principio di attrazione, ex art.50 co. 1, lettera c-bis, TUIR, laddove tutti i compensi percepiti (compreso, nella specie, quelli ricevuti in qualità di sindaco di una società) confluiscono nel reddito complessivo professionale autonomo dello studio associato, fattore di accrescimento della potenzialità produttiva e dunque espressivo dell'esistenza di un'organizzazione di struttura e mezzi.
Il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, la violazione degli artt.2 e 3 del D.Lgs. n.446/97, laddove la CTR aveva erroneamente applicato il principio di attrazione, di cui all'art.50, comma 1, lett.c) bis, Tuir, ai compensi percepiti nella qualità di sindaco di società di capitali, mentre per tale attività il professionista non si era avvalso della struttura organizzata facente capo allo Studio, ma, unicamente, dell'opera di un'archivista.

La decisione – Secondo la Suprema Corte, il ricorso era fondato.
Evidenziano infatti i Giudici di legittimità che il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va comunque soggetto all'IRAP, per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, se adempie alla funzione senza ricorrere ad un'autonoma struttura organizzativa.
Nel caso in esame, laddove l'avviso di accertamento impugnato aveva ad oggetto esclusivamente i redditi rinvenienti dall'espletamento di attività di sindaco presso società di capitali, la CTR si era quindi discostata da tali principi, giacché, con motivazione insufficiente (per non avere tenuto conto dei fatti decisivi emergenti dalla documentazione prodotta dal contribuente) aveva ritenuto la legittimità della pretesa impositiva sulla sola circostanza che l'attività di dottore commercialista venisse svolta all'interno di uno studio associato, in presenza di capitali e di lavoro altrui, senza svolgere però alcun accertamento in fatto, relativo all'estraneità dell'attività di sindaco rispetto a quella svolta in forma associata.

La giurisprudenza e la prassi - Già con Cass. n. 10594 del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012 si era chiarito, con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell'esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico, che non fosse soggetto ad imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell'attività specifica, purché risultasse possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati.
Quello della possibile “spaccatura” della posizione soggettiva Irap del professionista, laddove questi svolga un’attività “collaterale”, che non necessita dell’organizzazione di beni e persone con cui è esercitata l’attività principale, è sempre stato un tema delicato e complesso da risolvere.

Più volte la Suprema Corte, a tal proposito, ha affermato che i relativi compensi sono fuori dal “monte Irap”.
L’Agenzia delle Entrate, invece, nella Circolare 12 dicembre 2001, n.105, ha affermato che “la riconduzione dei compensi percepiti per l’attività di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti nella sfera di lavoro autonomo, assume rilevanza anche ai fini della determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’Irap dovuta dal professionista e dal committente. Detti compensi, infatti, poiché rientranti tra i redditi dell’attività professionale di cui all’art.49, comma 1, del Tuir, costituiscono componenti positivi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile dell’Irap dovuta dal professionista. Per il soggetto erogante, d’altro canto, i compensi corrisposti configurano componenti negativi deducibili ai fini dell’Irap dovuta”.

Quindi, a parere dell’Agenzia, “una volta che, per effetto dell’attrazione prevista all’art.50, comma 1, lett. c-bis) del Tuir, il provento derivante dall’incarico di sindaco sia stato attratto nell’ambito del reddito di lavoro autonomo prodotto dall’istante, la sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’Irap va verificata in relazione al complesso dell’attività svolta dal professionista. Non è possibile, quindi, considerare isolatamente le diverse categorie di compensi e verificare l’esistenza dei requisiti per l’imposizione Irap (primo fra tutti l’organizzazione) separatamente per ognuna delle predette categorie. I compensi derivanti dall’attività di collaborazione, in virtù della connessione con l’attività di lavoro autonomo, confluiscono infatti indistintamente nel complesso del reddito professionale di cui all’art. 53, comma 1, del Tuir, da assoggettare ad Irap”.

Di conseguenza, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa esclusi dall’Irap sarebbero soltanto quelli che non rientrano nell’oggetto dell’arte o professione esercitata dal contribuente.
La Suprema Corte, invece, con la Sentenza del 16 settembre 2010, n.19607, ha affermato che “il combinato disposto del D.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comma 1, lett. c), art.8, facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.49, comma 1, senza menzionare quelle di cui al comma 2, lett. a), della medesima disposizione, esclude l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l’attività professionale intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto, senza utilizzare la propria autonoma organizzazione, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una banca” e, più in generale, dei “redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione o altri enti con o senza personalità giuridica”, nei termini stabiliti dal detto D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 2, lett. a)” (cfr Ordinanza del 19 luglio 2011, n. 15803).

Conclusioni – Vero è che, nell’attuale disciplina Irap, non vi sono riferimenti per poter autorizzare, con certezza, discriminazioni all’interno della base imponibile prodotta dal medesimo soggetto. Laddove peraltro, tale operazione non sembra comunque corretta, ove rivolta ai soli ricavi, in quanto attribuirebbe tutti i costi alla attività “strutturata”, “fingendo” che l’attività non rilevante ai fini Irap non assorba alcuno dei costi sostenuti dal professionista.
Se “spaccatura” ci deve essere, appare allora più corretto che essa avvenga a livello di base imponibile e non a livello di compensi, secondo modalità e criteri che, tuttavia, sono del tutto assenti nell’attuale disciplina normativa e andrebbero, quindi, costituiti ex novo.
In tale contesto, la giurisprudenza della Corte insiste nella linea da tempo ormai affermata (non soggezione Irap e distinzione delle basi imponibili) e la prassi continua nella linea contraria (soggezione Irap e unica base imponibile), creando un clima di grande incertezza.
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