9 gennaio 2018

Lavoro: risarcimento per il silenzio sul “beneficio amianto”

Cassazione Lavoro, sentenza pubblicata l’8 gennaio 2018

Autore: PAOLA MAURO

È tenuta a risarcire i lavoratori, la società che non ha fornito informazioni sul cd. “beneficio amianto” al momento della cessazione dei rapporti, anche laddove il superamento delle soglie di esposizione è stato accertato successivamente dall’INAIL.

Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 216/18, relativa ad alcuni lavoratori che hanno stipulato con l’azienda convenuta contratti di transazione per il prepensionamento.

I lavoratori in questione hanno visto accogliere prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello la loro domanda di risarcimento del danno patrimoniale basata sul comportamento negligente della società datrice di lavoro riguardo alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dei benefici contributivi connessi all’esposizione all’amianto.

I Giudici di merito hanno ravvisato la responsabilità contrattuale della società, sia per non avere adottato misure idonee a evitare il fenomeno dell'inquinamento da amianto, pur avendo avuto consapevolezza del relativo rischio da contaminazione, sia per avere omesso di informare i dipendenti, che si apprestavano all'esodo, della possibilità di fruire del cd. “beneficio amianto”.

Nel giudizio in Cassazione a nulla è valso alla società sostenere di aver saputo soltanto in epoca successiva al momento della cessazione dei rapporti - in virtù di un accertamento dell’INAIL - dell’avvenuto superamento delle soglie di esposizione all’amianto.

A tal proposito la Suprema Corte scrive che “l’asserito accertamento dell’INAIL, avvenuto solo nel 2003, successivamente cioè alle date in cui i dipendenti furono collocati in mobilità[…] non si pone quale causa di esclusione del nesso di causalità circa la ritenuta responsabilità della società ravvisata, nella ricostruzione logica della Corte territoriale, sia nell’impossibilità, per una azienda delle dimensioni della datrice di lavoro, di non avere avuto comunque consapevolezza del rischio da contaminazione di amianto e di non avere attivato sistemi di controllo, sia per avere omesso di informare i dipendenti che si apprestavano all'esodo, della possibilità di fruire del cd. beneficio amianto. Il fatto, pertanto, che solo nel 2003 sia stata accertata, per i tre dipendenti, una esposizione qualificata ad amianto in misura superiore a 0,1 ff/cc, non può incidere sul ritenuto obbligo di avvisare, comunque, i dipendenti medesimi della situazione che li avrebbe potuto vedere interessati a proporre domanda per i connessi benefici contributivi.”

La società dovrà pagare le spese del giudizio.

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