7 aprile 2021

CNDCEC: rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare

I chiarimenti forniti nel Pronto Ordini n. 47/2021

Autore: Pietro Mosella
Il Collegio di Disciplina di un Ordine territoriale deve valutare la condotta dell’iscritto anche qualora la sentenza penale di patteggiamento riguardi fatti commessi dal professionista al di fuori dell’esercizio professionale, laddove questi ultimi compromettano la reputazione professionale e/o l’immagine della categoria.

È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 47 del 29 marzo 2021, pubblicato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC), il quale ha fornito chiarimenti in relazione al rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare.

Quanto sopra espresso dal Consiglio Nazionale scaturisce a seguito di un quesito pervenuto allo stesso con il quale si è prospettato il caso di un iscritto che, avendo scelto il patteggiamento in un procedimento penale che lo vede coinvolto, potrebbe avere delle ripercussioni sulla professione costringendo, quindi, il Consiglio di Disciplina ad agire nei suoi confronti.

Il parere del CNDCEC– Il Consiglio Nazionale richiama, anzitutto, l’articolo 50, comma 10, del D.Lgs. n. 139/05 (recante “Costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili”), il quale dispone che «il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione, tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso».

Nella fattispecie prospettata - precisa il CNDCEC - la sentenza penale di patteggiamento fa stato (ai sensi del combinato disposto degli articoli 445, comma 1-bis e 653 comma 1-bis, c.p.p.), nel giudizio disciplinare per quanto attiene all’accertamento dei fatti, alla loro estrinsecazione soggettiva ed oggettiva, nonché alla responsabilità̀ dell’incolpato in ordine alla loro commissione.

La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (ex articolo 444, c.p.p.), infatti, equivale ad una vera e propria sentenza di condanna in quanto essa - osserva il Consiglio Nazionale - pur non potendo propriamente considerarsi tale quoad substantiam, lo è quoad effectum, a causa della rinuncia dell'imputato a contestare le proprie responsabilità e della contestuale deliberazione negativa del giudice quanto all'esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato.

Considerato quanto sopra esposto, il comportamento di un professionista, quindi, può assumere rilevanza su distinti aspetti, tra cui quello disciplinare e quello penale. A tal proposito, si richiama l’articolo 49, comma 1, D.Lgs. n. 139/2005, secondo il quale il procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti all’Albo «è volto ad accertare la sussistenza della responsabilità disciplinare dell’incolpato per le azioni od omissioni che integrino violazione di norme di legge e regolamenti, del codice deontologico, o siano comunque ritenute in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio della professione».

In sostanza si tratta di due responsabilità con funzioni distinte:
  • quella disciplinare, finalizzata a far rispettare regole interne di alta rilevanza etica e comportamentale, volte a preservare il funzionamento e l’organizzazione dell’Ordinamento di appartenenza;
  • quella penale, volta a tutelare valori dell’intera collettività a fronte di violazioni di maggiore offensività.

Quando il Consiglio di Disciplina viene a conoscenza della sentenza penale di patteggiamento a carico dell’iscritto, dovrà disporre l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti del professionista ed effettuare, in tale sede, un’autonoma valutazione dei fatti dei quali si contesta la rilevanza disciplinare, indicando specificamente le norme di legge o del Codice Deontologico della professione che si assumano violate dall’incolpato.

Sul punto, occorre evidenziare che, il già richiamato articolo 50 del D. Lgs. n. 139/2005, al comma 6 stabilisce che «il professionista è sottoposto a procedimento disciplinare anche per fatti non riguardanti l’attività professionale, qualora si riflettano sulla reputazione professionale o compromettano l’immagine e la dignità della categoria».

In virtù di tutto quanto sopra esposto, quindi, il CNDCEC conclude sostenendo che, il Collegio di Disciplina, dovrà valutare disciplinarmente la condotta dell’iscritto anche qualora la sentenza penale di patteggiamento riguardi fatti commessi dal professionista al di fuori dell’esercizio professionale, laddove questi ultimi compromettano la reputazione professionale e/o l’immagine della categoria.
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