3 maggio 2021

Compatibile la carica di amministratore unico in società di recupero crediti dell’iscritto

L’attività di amministrazione non deve però soddisfare un interesse commerciale proprio

Autore: Pietro Mosella
Il professionista iscritto all’Ordine, può ricoprire la carica di amministratore unico in società che svolge attività di agente e rappresentante di commercio ovvero in società di recupero crediti, laddove non avendosi partecipazione al capitale, l’attività di amministrazione escluda che questa sia effettuata per soddisfare un interesse commerciale proprio.

È quanto sancito nel Pronto Ordini n. 34 del 7 aprile 2021, mediante il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC), ha fornito chiarimenti in relazione alla compatibilità con l’esercizio della professione, di un iscritto amministratore unico in società che svolge attività di agente e rappresentante di commercio, ovvero attività in società di recupero crediti.

Il parere del CNDCEC è generato da un quesito formulato da un Ordine territoriale, il quale aveva chiesto di sapere se fosse compatibile con l’esercizio della professione, la condizione di un iscritto che ricopre la carica di amministratore unico in società che svolge attività di agente e rappresentante di commercio, ovvero in società di recupero crediti (ex art. 115 TULPS), con previsione di provvigioni sui crediti incassati.

Il parere del CNDCEC– Anzitutto il CNDCEC ricorda quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 139/2005, il quale dispone l’incompatibilità tra l’esercizio della professione e «l’esercizio, anche non prevalente, né abituale dell'attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti». Come osserva il Consiglio Nazionale, si tratta dei casi di gestione dell’impresa svolta per proprio conto, in nome proprio o altrui, ossia per soddisfare un interesse commerciale proprio.

Soffermandosi, nello specifico, sull’attività di rappresentante di commercio, il CNDCEC richiama le Note interpretative della disciplina delle incompatibilità (di cui all’articolo 4 del D. Lgs. n. 139/2005), le quali hanno evidenziato che l’esercizio dell’attività di rappresentante di commercio, configurando esercizio di attività in nome proprio e per conto proprio, è incompatibile con l’esercizio della professione.

Qualora, invece, l’attività d’impresa sia esercitata per il tramite di una società di capitali, l’incompatibilità ricorre solo nel caso in cui l’iscritto sia titolare di un interesse economico prevalente nella società (attraverso una partecipazione maggioritaria al capitale o comunque tale da consentire l’esercizio del controllo, ovvero di una influenza rilevante o notevole sulla società) e rivesta contestualmente, nella medesima, la carica di amministratore con tutti o ampi poteri gestori.

Nei casi segnalati, quindi, secondo il Consiglio Nazionale l’assunzione dell’incarico di amministratore unico deve ritenersi compatibile laddove, non avendosi partecipazione al capitale, l’attività di amministrazione, conseguente all’attribuzione di uno specifico incarico professionale, escluda che questa sia effettuata per soddisfare un interesse commerciale proprio.

A tal proposito, infatti, le summenzionate Note interpretative, hanno precisato che, tale impostazione, rispecchia l’orientamento giurisprudenziale (Cassazione civile, Sez. lav., 21 novembre 1987, n. 8601) secondo il quale l’attività d’impresa (intesa come gestione dell’impresa) non è incompatibile con l’esercizio della professione qualora l’amministrazione si configuri come mero incarico professionale.

Dovrà, comunque, accertarsi l’effettiva assenza, in capo all’iscritto, di un interesse economico prevalente ovvero di una posizione (tramite intestazione delle partecipazioni sociali a prestanomi e/o società fiduciarie riconducibili al professionista, al coniuge non legalmente separato, a conviventi risultanti nello stato di famiglia e/o a parenti entro il 4° grado, ovvero a società nazionali o estere riferibili all’iscritto) di socio influente, ovvero di socio occulto della società in cui questi svolge l’incarico di amministratore.

Per quanto concerne, infine, la possibilità che l’iscritto, amministratore unico della società di recupero crediti (ex art. 115, Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza - R.D. n. 773/1931 e sm), percepisca il compenso sotto forma di provvigioni sui crediti incassati, il CNDCEC evidenzia come ciò che rileva ai fini dell’esclusione dell’incompatibilità, è che la modalità di erogazione del compenso escluda la sussistenza da parte dell’iscritto di un interesse economico proprio.

Sul punto, il Consiglio Nazionale effettua un ulteriore precisazione, osservando che appare più appropriato alla natura di incarico professionale l’erogazione di un compenso per l’opera prestata che non sia interamente parametrato sugli incassi conseguiti.
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