19 dicembre 2022

Dipendente pubblico iscritto nell’elenco speciale può svolgere singoli incarichi retribuiti

Devono essere occasionali e non in conflitto d’interessi con la P.A. di appartenenza

Autore: Pietro Mosella
Un professionista iscritto nell’elenco speciale, in quanto dipendente a tempo pieno e indeterminato presso un ente di diritto pubblico, può essere autorizzato allo svolgimento di singoli incarichi senza che derivi in alcun modo un’autorizzazione generica all’esercizio dell’attività professionale in modo continuativo ed abituale.

Laddove, inoltre, un iscritto all’Albo sia assunto come dipendente pubblico in regime di tempo pieno, conserverà la partita IVA fintanto che non abbia svolto tutti gli adempimenti fiscali relativi all'attività di lavoro autonomo esercitata precedentemente all’instaurazione del rapporto di pubblico impiego.

È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 180 del 2 dicembre 2022, con il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha fornito chiarimenti in merito all’eventuale incompatibilità di un iscritto, nel caso di impiego pubblico ed autorizzazione allo svolgimento di incarichi retribuiti.

In seguito ad un quesito pervenuto da un Ordine territoriale, infatti, è stato chiesto al Consiglio Nazionale se, un iscritto nell’elenco speciale, in quanto dipendente a tempo pieno e indeterminato presso un ente di diritto pubblico, possa richiedere di essere nuovamente iscritto nella sezione ordinaria dell’Albo, a seguito di autorizzazione da parte del suddetto Ente allo svolgimento di incarichi professionali, già ricoperti prima della data di assunzione come dipendente pubblico, ovvero debba rimanere iscritto nell’elenco speciale. In tale ultimo caso, l’Ordine ha chiesto, altresì, di sapere se il soggetto possa svolgere tali incarichi (trattasi, nello specifico, di incarico di commissario liquidatore e di revisore di ente locale) come libero professionista con regolare partita IVA.

Il parere del CNDCEC – Il Consiglio Nazionale ha dapprima ricordato che, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del D. Lgs. n. 139/2005, non è consentita l’iscrizione nell’Albo a tutti i soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, è vietato l'esercizio della libera professione.

Lo stesso Consiglio evidenzia, altresì, che nel caso di rapporto di pubblico impiego, l’articolo 53, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001, richiamando quanto disposto dall’articolo 60 del D.P.R. n. 3/1957, sancisce espressamente, per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo pieno (in regime di tempo pieno, cd. full time), il divieto di cumulo con l’esercizio di attività professionale.

Tale divieto deriva, infatti, dal principio di esclusività che caratterizza il rapporto di pubblico impiego, in ossequio ai principi (anch’essi di derivazione costituzionale) d’imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa e viene meno solo:
  • in caso di dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale (cd. part-time) con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno. In questi casi, peraltro, la P.A. interessata ha, comunque, l’onere di compiere una valutazione, caso per caso, circa l’esistenza o meno di concrete ipotesi di incompatibilità (ad esempio in ragione dell’esistenza di un conflitto di interessi). Sono in ogni caso vietati, a prescindere dal regime dell’orario di lavoro (full-time o part-time), quegli incarichi che generano comunque interferenza con i compiti istituzionali o compromissione dell’attività di servizio del dipendente (articolo 1, comma 58-bis, Legge n. 662/1996);
  • in presenza di regimi speciali quale, ad esempio, per i dipendenti della scuola pubblica, per i quali si consente, in via generale, al personale docente di esercitare la libera professione, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside.
In virtù di quanto sopra esposto, quindi, il CNDCEC sottolinea che, nell’ambito del pubblico impiego, la prestazione di lavoro subordinato con orario di lavoro superiore al 50%, fatte salve le deroghe appena evidenziate, risulta incompatibile con l’esercizio della professione.
Ciò posto, il sopra citato articolo 53, consente in ogni caso alle P.A. di autorizzare i dipendenti pubblici in regime di full time allo svolgimento di incarichi retribuiti, sempre che siano occasionali, temporanei, non in conflitto d’interessi (anche solo potenziali) con l’amministrazione di appartenenza, non compresi nei doveri d’ufficio e naturalmente compatibili con il servizio in modo da non pregiudicarne il regolare e puntuale svolgimento.

Il CNDCEC osserva che, l’autorizzazione, ha ad oggetto lo svolgimento di singoli incarichi e da essa non può derivare in alcun modo un’autorizzazione generica all’esercizio dell’attività professionale in modo continuativo e abituale. Pertanto, nell’ipotesi di autorizzazione allo svolgimento di singoli incarichi retribuiti, si conferma il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco speciale.

In merito alla partita IVA, invece, il Consiglio Nazionale precisa che, le disposizioni in tema d’incompatibilità nel pubblico impiego, non dispongono espressamente un divieto di apertura della partita IVA per il dipendente che, titolare di un rapporto di lavoro in regime di tempo pieno presso un ente pubblico o una P.A., versi in uno stato d’incompatibilità con l’esercizio dell’eventuale professione che intenda avviare. Tuttavia, dall’impossibilità di esercitare tale attività professionale, in conseguenza della situazione d’incompatibilità, deriva l’impossibilità di aprire e detenere la partita IVA riferita a tale specifica attività.

In ogni caso - conclude il CNDCEC - laddove un iscritto all’Albo venga assunto come dipendente pubblico in regime di tempo pieno, può conservare la partita IVA fintanto che non abbia svolto tutti gli adempimenti fiscali relativi all'attività di lavoro autonomo esercitata precedentemente all’instaurazione del rapporto di pubblico impiego.
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