I provvedimenti disciplinari, già irrogati al professionista all’esito dei procedimenti già conclusi, costituiscono un importante elemento di valutazione per quanto concerne il profilo soggettivo dell’incolpato e, in quanto tali, possono rappresentare una circostanza aggravante della quale il Consiglio di Disciplina dovrà tener conto all’atto della eventuale irrogazione della sanzione, all’esito dei procedimenti disciplinari attualmente ancora in corso.
È quanto scaturisce dal Pronto Ordini n. 231 dell’11 novembre 2021, con il quale il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha fornito chiarimenti relativamente all’esposto d’ufficio per molteplici procedimenti a carico dello stesso iscritto, in virtù di un quesito posto dal Consiglio di Disciplina di un Ordine territoriale.
Nel suddetto quesito, infatti, è stato chiesto al Consiglio Nazionale se, il Consiglio di Disciplina (ex articolo 7, comma 2, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, approvato dal CNDCEC nella seduta del 18/19 marzo 2019), possa promuovere d’ufficio un procedimento disciplinare nei confronti di un iscritto, in ragione dei molteplici esposti pervenuti allo stesso Consiglio nel corso degli anni.
Viene, altresì, precisato che, tali esposti, riguardano il coinvolgimento dell’iscritto sia in fatti di natura penale (per i quali sono stati aperti e poi sospesi autonomi procedimenti disciplinari in attesa dell’esito definitivo del giudizio pendente innanzi all’Autorità giudiziaria), sia in fatti attinenti inadempienze rispetto alle prescrizioni dettate dall’Ordinamento professionale.
In virtù di quanto esposto, nella fattispecie, il Consiglio di Disciplina chiede “se il cumulo dei procedimenti disciplinari aperti (alcuni conclusi con irrogazione di sanzione e taluni non ancora conclusi perché sospesi in attesa di giudizio) possano configurarsi come “notizia di fatti rilevanti” (cfr. articolo 7, comma 2, precedentemente citato) e, quindi, se le condotte ascritte possano, nella loro valutazione complessiva, rappresentare autonoma presunta violazione del Codice Deontologico della professione, con particolare riferimento all’articolo 6 (recante “Integrità”) e all’articolo 11 (recante “Comportamento professionale”).
Il parere del CNDCEC – Preliminarmente il Consiglio Nazionale ricorda quanto stabilito dalla disposizione richiamata nel quesito, ovvero l’articolo 7, comma 2, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, il quale prevede che
«il procedimento disciplinare nei confronti dell’iscritto è promosso d’ufficio dal Consiglio di Disciplina, quando ha notizia di fatti rilevanti, o su segnalazione del Consiglio dell’Ordine o su richiesta del Pubblico Ministero competente, ovvero su richiesta degli interessati».
Poiché, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 1, comma 2, del suddetto Regolamento
«il procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e degli iscritti al Registro del Tirocinio è volto ad accertare la sussistenza della responsabilità disciplinare dell’iscritto per le azioni od omissioni che integrino violazione di norme di legge e regolamenti, del codice deontologico, o siano comunque ritenute in contrasto con i doveri generali di dignità, probità, lealtà, correttezza e decoro della professione nonché a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione», il Consiglio Nazionale evidenzia che, l’espressione “notizia di fatti rilevanti”, contenuta all’articolo 7 richiamato in precedenza, si riferisce alle condotte, anche omissive, poste in essere dall’iscritto, che configurino espressamente violazione di norme di legge, di regolamenti o del Codice deontologico.
Secondo il CNDCEC, in assenza di una condotta da parte dell’iscritto, anche omissiva, ma che sia comunque violativa di qualche norma, non è possibile procedere all’apertura di un nuovo procedimento disciplinare solo in base alla circostanza che il professionista, nella fattispecie prospettata, abbia attualmente in corso a proprio carico molteplici procedimenti disciplinari o sia stato già attinto da diversi provvedimenti sanzionatori (per i quali sono state peraltro già rispettivamente contestate all’iscritto le specifiche condotte ritenute in contrasto con norme di legge, di regolamenti o del Codice deontologico). Ciò, in quanto - si afferma nel parere - tale situazione di fatto non costituisce, di per sé, violazione di alcuna norma.
Si può, però, affermare - osserva il Consiglio Nazionale - che i provvedimenti disciplinari, già irrogati al professionista all’esito dei procedimenti già conclusi, costituiscono senza dubbio un importante elemento di valutazione per quanto concerne il profilo soggettivo dell’incolpato e, in quanto tali, possono rappresentare una circostanza aggravante. Di quest’ultima, il Consiglio di Disciplina dovrà sicuramente tenerne conto all’atto dell’eventuale irrogazione della sanzione, all’esito dei procedimenti disciplinari attualmente ancora in corso.
A tal proposito, viene richiamata, infatti, la disposizione del Regolamento recante il Codice delle Sanzioni disciplinari, il quale prevede, all’articolo 8, che costituiscono autonome circostanze aggravanti ai fini dell’applicazione di una più grave sanzione:
a) la commissione di più violazioni contemporanee o derivanti dal medesimo fatto;
b) la sussistenza di dolo;
c) la significatività della violazione o del danno arrecato;
d) la reiterazione di comportamenti che abbiano determinato provvedimenti disciplinari nei confronti dell’iscritto.