10 aprile 2019

Aggravante della transnazionalità senza confisca

Autore: Andrea Magagnoli
L'aggravante del carattere della transnazionalità, nel caso di contestazione di reati tributari, non obbliga il giudice a confiscare i beni del reo nel caso di applicazione della pena su richiesta della parte.

All'imputato erano stati contestati numerosi reati, ed in particolare quelli di associazione per delinquere e di violazione alla normativa sulle accise, entrambi aggravati dal carattere della transnazionalità, e il procedimento a suo carico veniva definito con una sentenza di applicazione della pena su richiesta della parte.
Tuttavia, tale decisione ometteva ogni statuizione, circa la destinazione dei beni del reo nulla disponendo in merito ad un eventuale provvedimento di confisca.
Il procuratore generale, allora, ricorreva in Cassazione, deducendo un unico motivo di ricorso afferente tale aspetto della decisione, osservando come essa, contrariamente alla normativa vigente, ed in particolare all'art. 11 della legge 152/2006, non presentava alcuna disposizione circa i beni dell'imputato.
Il procedimento completava il suo corso con la decisione da parte degli ermellini, i quali ritenevano la tesi del procuratore generale infondata.

La motivazione della sentenza n. 10438/2019 depositata il giorno 8/3/2019, qui in commento, parte dall'esame del contenuto della normativa ed in particolare da quello dell'art. 11 della legge 152/2006, che contempla l'ipotesi che i reati abbiano assunto un carattere transnazionale, aumentandone la sanzione con una espressa aggravante.
Esso dispone come segue: «il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di danaro o individua i beni o le utilità assoggettati a confisca di valore corrispondente al prodotto, al profitto o al prezzo del reato»; «qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la confisca di somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente a tale prodotto, profitto o prezzo».

Orbene, dall'esame della normativa è evidente come qualora venga accertata positivamente l'esistenza dell'aggravante della transnazionalità, sia possibile la confisca anche nella forma per equivalente, tuttavia, la norma richiede, quale presupposto per potere dare corso all'esecuzione della misura, una sentenza di condanna che accerti l'esistenza della responsabilità del reo; si parla, però, di sentenza di condanna senza precisare il concetto e in assenza di riferimenti ad eventuali decisioni che applicherebbero la pena su richiesta di parte, ipotesi che pare pertanto al di fuori di quelle previste dalla legge.

Non solo, ma la tesi sostenuta da parte degli ermellini, con la sentenza qui in commento, viene confortata, anche da un esame complessivo delle norme che prevedono ulteriori ipotesi di confisca per equivalente.
Ove, infatti, si osservi il contenuto delle disposizioni, che regolamentano altre fattispecie per le quali è applicabile la misura, si nota con facilità come esse indichino tra i loro presupposti, un accertamento definitivo della responsabilità del reo, contenuto in una sentenza definitiva di condanna; espressamente includendovi anche l'ipotesi in cui il provvedimento sia stato emesso a seguito di un accordo tra le parti, che a norma del codice di procedura penale assume la forma della sentenza di patteggiamento.

Vediamone un'ipotesi: l'art 322-ter c.p., il quale nella propria formulazione normativa ricomprende tra le sentenze idonee all'applicazione della misura della confisca, anche quella nella quale la determinazione della pena sia il risultato di un accordo tra le parti.
Da ciò, è facile desumere che, nel caso invece dell'ipotesi prevista dall' art. 11 della legge n. 152/2006, non facendo alcuna menzione a tale tipologia di provvedimenti giurisdizionali, non li ritenga idonei a consentire l'apprensione dei beni del reo.
La sentenza emessa nei confronti dell'imputato è pertanto corretta in diritto, potendosi in casi come quello in esame omettere di prendere disposizioni ablatorie sui beni del reo.
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