15 ottobre 2018

Lavoro a termine: senza causale il rapporto è a tempo indeterminato

Autore: Debhorah Di Rosa
La nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato è disciplinata dal decreto Dignità (D.L. n. 87/2018, convertito dalla legge n. 96/2018). Unitamente alla reintroduzione dell’obbligo di specificare le causali che giustificano il ricorso a questa tipologia contrattuale, il legislatore, in buona sostanza, non ha previsto alcuna facoltà di deroga alla contrattazione collettiva: la causale dunque deve essere sempre indicata per iscritto nel contratto, a meno che non si tratti del primo contratto a tempo determinato stipulato con il lavoratore e che la durata indicata sia inferiore a 12 mesi. Si tratta di una previsione forte, soprattutto alla luce del fatto che, in mancanza di una legittima ragione giustificatrice o qualora siano indicate in contratto causali non realmente sussistenti e dimostrabili, il rapporto viene convertito ab origine a tempo indeterminato.
Il legislatore ha indicato nel testo normativo le causali ammissibili, fornendo comunque elementi di specificazione delle stesse ridotti e, talvolta, forieri di dubbi sotto il profilo applicativo. Vediamo quali sono.

Esigenze temporanee e oggettive

Il datore di lavoro deve indicare in dettaglio la necessità di assumere personale a termine per lo svolgimento di una attività lavorativa non abitudinaria dell’azienda volta a soddisfare esigenze di mercato estemporanee e non stabili.
In questo caso accadrà probabilmente che anche le mansioni assegnate al lavoratore e dedotte nel contratto dovranno essere diverse rispetto a quelle ordinariamente svolte dalle maestranze già presenti in azienda.

Sostituzione di lavoratori

Nel caso in cui l’assunzione a termine sia finalizzata alla sostituzione di un lavoratore assente, il datore di lavoro deve indicare nel contratto, in forma scritta, il nominativo del lavoratore sostituito e la data di fine sostituzione che non può più essere generica ma individuata puntualmente ed eventualmente ricollegabile, in via secondaria, al rientro del lavoratore sostituito.
In questo caso il legislatore fa riferimento a tutti i lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, a prescindere dalla causa dell’assenza e dalla prevedibilità o programmabilità della stessa.

Incrementi non programmabili dell’attività

In caso di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria, oltre al requisito della temporaneità, è necessario che si tratti di eventi non prevedibili e rilevanti in termini di importi e impegno lavorativo necessari a raggiungere l’obiettivo.
Può, dunque, trattarsi di una attività ordinaria per l’impresa, ma significativamente incrementata senza che sia stato possibile programmare l’insorgere di tale esigenza. Restano escluse, dunque, da questa fattispecie i periodi, ricorrenti o ciclici, che si presentano in concomitanza, per esempio, con il periodo dei saldi o di picchi di produzione.

Sanzioni

In caso di causali mancanti o carenti di validità, oltre alla conversione del rapporto a tempo indeterminato, in applicazione del comma 2 dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2015, il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità onnicomprensiva compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, stabilita dal giudice sulla base dei criteri individuati dall’art. 8 della legge n. 604/1966. Tale indennità ha natura satisfattiva e risarcitoria anche per le conseguenze contributive e retributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia giudiziale che ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
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