22 dicembre 2022

Commercialisti: su tregua fiscale e estinzione reati tributari non fraudolenti serve una riflessione tecnica

De Nuccio: “Individuare un possibile punto di caduta su misure di estinzione dell’azione penale per condotta riparatoria”

Regalbuto: “Auspicabile che nel percorso di riforme annunciate sia inserito anche un profondo riordino del sistema sanzionatorio, sia amministrativo che penale”

“Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili rivolge un sentito appello alle forze politiche di maggioranza e di opposizione per una comune riflessione che, in modo tecnico, porti a individuare un possibile punto di caduta nell’acceso dibattito tra fautori e oppositori dell’introduzione di misure di estinzione dell’azione penale per condotta riparatoria, relativamente a fattispecie non fraudolente, per i contribuenti che si avvalgono delle definizioni agevolate previste dalla “tregua fiscale” in via di approvazione con la legge di bilancio 2023”. È quanto afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio. “Se ciò non sarà possibile con l’approvazione della Legge di Bilancio per ragioni di tempo” aggiunge “auspichiamo che avvenga quanto prima, con la ripresa dei lavori parlamentari nel 2023”.

“Un esame eminentemente tecnico della questione”, prosegue, “induce a ritenere che possa considerarsi ragionevole una previsione che, in presenza dell’integrale pagamento delle imposte dovute a seguito delle speciali procedure di definizione agevolata di prossima emanazione, disponga una causa di non punibilità dei reati tributari di minore pericolosità sociale, non connotati cioè da condotte fraudolente, anche nei casi in cui sia stata già dichiarata l’apertura del dibattimento di primo grado ovvero in cui l’autore del reato abbia già avuto formale conoscenza dell’inizio di attività di controllo o accertamento ovvero di procedimenti penali”.

Tale scelta si rende preferibile, secondo i commercialisti, “per una serie di ragioni”. Va considerato, innanzitutto, secondo de Nuccio, “che la legislazione penale tributaria attualmente vigente già prevede ampie cause di non punibilità per i reati di omesso versamento di IVA e di ritenute e per l’indebita compensazione di crediti non spettanti, laddove i debiti tributari siano stati integralmente estinti anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. Così come analoga causa di non punibilità è già prevista, a regime, per i reati di dichiarazione infedele, dichiarazione omessa e, per giunta, di dichiarazione fraudolenta, laddove la resipiscenza dell’autore del reato sia anteriore alla conoscenza dell’inizio di attività di controllo o accertamento ovvero di procedimenti penali.”

“La misura potrebbe, inoltre, contribuire”, aggiunge de Nuccio, “a ridurre il sovraccarico di lavoro di procure e tribunali, nonché l’accumulo dei procedimenti pendenti e i ritardi dei processi. D’altra parte, la necessità di velocizzare i processi rientra tra gli obiettivi del PNRR e anche l’esigenza delle depenalizzazioni è stata più volte rimarcata sia dal Ministro della Giustizia che dai vertici dell’ANM, proprio al fine di garantire l’obbligatorietà dell’azione penale che, con il proliferare delle norme incriminatrici e la sovrabbondante criminalizzazione delle condotte illegali, è ormai sovente caratterizzata di connotati di mera discrezionalità. E non si può ignorare la circostanza che, perseguire reati di omesso versamento di imposte e ritenute in un periodo come quello attuale, caratterizzato dalla più grave crisi economico-finanziaria che il mondo abbia conosciuto dal dopoguerra ad oggi, meriterebbe certamente una valorizzazione della causa di forza maggiore più appropriata ai fini della configurabilità della condotta penalmente rilevante.”

Per Salvatore Regalbuto, Tesoriere nazionale dei commercialisti delegato all’area fiscale, “se si osservano i dati dei procedimenti relativi ai reati tributari iscritti nei Tribunali nel 2020 (ultimo dato disponibile del ministero della Giustizia), solo il 14% finisce con una condanna sul totale dei procedimenti definiti. In particolare, il 7,2% si chiude con una condanna davanti al Gip o al Gup, dato che si riduce al 4% se si considerano soltanto le imputazioni per reati non fraudolenti, mentre nei procedimenti definiti in dibattimento – dunque senza patteggiamento o riti abbreviati – la quota sale al 33,7 per cento (33,4% per i reati non fraudolenti)”. “In questo contesto”, prosegue Regalbuto, “la definizione per i reati tributari di minore pericolosità sociale potrebbe garantire il più ampio utilizzo delle sanatorie previste dalla legge di bilancio, anche da parte dei contribuenti che, per i reati commessi siano stati già raggiunti dall’azione penale. Inoltre, la misura potrebbe essere accompagnata dall’introduzione di una sanzione aggiuntiva per la definizione dei profili penali, raggiungendo il duplice risultato di ottenere un maggior gettito e di decongestionare i Tribunali da procedimenti sovente di scarsa rilevanza”.

“In ogni caso”, conclude Regalbuto, “è auspicabile che nel percorso di riforme annunciate sia inserito anche un profondo riordino del sistema sanzionatorio, sia amministrativo che penale, che ne armonizzi l’applicazione valorizzando anche il principio del ne bis in idem.”
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy