29 gennaio 2021

Norme di comportamento del Collegio Sindacale: la cessazione dell’incarico

Autore: Giovanni Colombi
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, lo scorso 18 dicembre, ha licenziato la versione 2020 delle “Norme di comportamento del Collegio Sindacale di società non quotate”, versione che va a sostituire quella dello scorso 14 settembre 2015 e che è stata già oggetto di un aggiornamento in data 12 gennaio 2021 al fine di recepire le modifiche apportate dalla Legge 178/2020 (Legge di Bilancio 2021) alla norma 10.2 – Attività del Collegio sindacale in caso di riduzione del capitale sociale.

Uno degli argomenti che, talvolta, “agita i sonni” dei Colleghi Sindaci di società è l’applicabilità, o meno, della prorogatio a tutte le cause di cessazione dell’incarico.

La norma 1.6 – Cessazione dall’ufficio come emanata dal CNDCEC ricostruisce in modo sistematico il contesto di riferimento, ricordando, innanzitutto, quali possono essere le cause di cessazione, distinguendole fra “cause programmate”, tipicamente la scadenza naturale dell’incarico, e “cause imprevedibili”, tipicamente la decadenza, la revoca, la rinuncia, la variazione del sistema di amministrazione e controllo e il decesso.

In questa sede ci vogliamo concentrare sulla causa di cessazione che, di solito, più “sta a cuore” ai Colleghi Sindaci, ovvero la rinuncia, o dimissioni. Il motivo di questa particolare sensibilità è da ascrivere al fatto che le dimissioni, spesso, si collegano a punti di vista “profondamente diversi” fra i Sindaci e l’Organo Amministrativo sulle politiche aziendali, con conseguenti rilevantissimi profili di responsabilità, tanto degli uni quanto degli altri, che emergono in tutta la loro pericolosità in occasione del default della società e delle conseguenti azioni risarcitorie intraprese dagli organi della procedura.

Calata in tale contesto, la questione della decorrenza delle dimissioni assume una valenza di massima importanza, proprio perché la tempestività delle stesse, e della loro decorrenza, a prescindere dai comportamenti omissivi dell’Organo Amministrativo e dell’Assemblea, possono determinare un confine invalicabile, o meno, rispetto alle responsabilità professionali.

Il dubbio che attanaglia il Collega dimissionario attiene all’applicabilità, o meno, dalla cosiddetta prorogatio, che renderebbe vincolato il Sindaco dimissionario alle sorti della società e all’eventuale comportamento omissivo dell’Organo Amministrativo e dell’Assemblea in tema di sostituzione del soggetto dimissionario.

Dobbiamo premettere che la vextata quaestio, come spesso accade, è lungi dal trovare un univoco orientamento giurisprudenziale e dottrinale: una rapida ricerca in banca dati consente di trovare numerosi orientamenti tanto in un senso quanto nell’altro.

Una “parola di serenità” ci proviene dalle norme di comportamento del CNDCEC che sostiene, con un valido ragionamento a supporto, la non applicabilità della prorogatio alle dimissioni: di più, il CNEDEC giunge a sostenere (giustamente) che la prorogatio è applicabile alla sola casistica della scadenza naturale del mandato (causa di cessazione programmata) e si collega alla giusta necessità di consentire una regolare continuità nella vita della società.

Questa esigenza non è presente in tutti i casi in cui la cessazione deriva da una causa imprevedibile: in particolare per la rinuncia, essendo un atto unilaterale recettizio essa non può che produrre gli effetti dal momento in cui raggiunge il destinatario.

Una forzata permanenza in carica del Sindaco anche in presenza di sue dimissioni lederebbe la libertà personale dello stesso e non sarebbe strumentale neppure ad una ottimale azione di controllo della legittimità sull’operato sociale, posto che il Sindaco dimissionario sarebbe ben poco proattivo nei confronti di una realtà aziendale rispetto alla quale ha rassegnato le proprie dimissioni, fermo restando il tema delicatissimo delle responsabilità nelle quali incorrerebbe a seguito di un inadempimento rispetto agli obblighi di vigilanza che gli sono propri.

In caso di dimissioni, il CNDCEC suggerisce alcune cautele da adottare da parte del Sindaco dimissionario. In primis è opportuno che vengano tenuti monitorati gli adempimenti pubblicitari connessi alle dimissioni, ricordando sempre che in caso di inerzia da parte dell’Organo Amministrativo essi possono essere assolti direttamente dal Sindaco per il tramite di una richiesta di iscrizione d’ufficio ex art. 9 L. 241/1990. In secondo luogo, a futura memoria (o difesa) è oltremodo consigliata l’acquisizione della copia del libro adunanze e deliberazioni del Collegio Sindacale, del Consiglio di Amministrazione e delle Assemblee dei Soci, così da essere pienamente autonomo nel produrre tale documentazione tutte le volte in cui ciò dovesse essere strumentale rispetto ad una attività difensiva propria.

Per concludere, l’Organo Amministrativo di una società farebbe bene a ricordare come la mancata integrazione dell’Organo di Vigilanza costituisca causa di scioglimento della società ex art. 2484 n. 3 CC, ovvero per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea.
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